Recensione: Diana, Cupido ed il Commendatore
Diana,
Cupìdo
ed il
Commendatore
Caratteristiche
e struttura
del romanzo
Torniamo nel mondo dell' autrice nostrana Bianca Pitzorno con il terzo ed ultimo romanzo della “trilogia interdipendente” di cui abbiamo parlato nelle precedenti recensioni: “Diana, Cupido ed il Commendatore”.
Questo nuovo manoscritto a dimostrazione di come l'intera saga sia stata costruita per un pubblico infantile in itinere, è stato concepito per ragazzi fino ai 12 anni di età, in quanto affronta delle tematiche sicuramente più mature ed adatte ad un pubblico di scuola media inferiore.
Sinceramente per come sono svegli e attenti i bambini di oggi, io lo consiglierei tranquillamente anche per un pubblico più giovane, magari anche tra i 9 o i 10 anni.
Andare oltre i 12 anni invece lo sconsiglio in quanto l'atmosfera del romanzo è ancora permeata di quell'ingenuità infantile tipica di un pubblico pre adolescente; quindi poco adatto a dei teenagers.
Il titolo, volutamente molto ambiguo, richiama due effettivi personaggi della storia, ossia Diana (la protagonista) e suo nonno il commendator Giuliano Serra. Tuttavia richiama molto di più una figura onnipresente, ma totalmente assente di questa storia: il dio dell'amore Cupìdo.
Diana infatti, quando si trasferisce in casa del ricchissimo nonno, sceglie tra le cinque camere a disposizione una stanza tutta dipinta sul soffitto come se fosse una chiesa; la sua nel particolare, riproduce un cielo stellato e tra le nuvole fa capolino un bambino alato armato di arco e frecce.
Diana crede si tratti di un angioletto cristiano ma la sua nuova amica Prisca Puntoni più tardi le spiegherà che si tratta del mitico dio greco dell'amore, Cupìdo.
Ma cosa centra Cupìdo con questa storia? L'amore (che personalmente Diana detesta sia nella vita reale che nei film) invaderà la vita della nostra protagonista come un uragano senza che lei possa fare assolutamente nulla per impedirlo.
Nella sua mente il piccolo dio dell'amore porta scompiglio nella sua vita ma soprattutto in quelle di chi le sta vicino, causando una serie infinita di guai.
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La scrittrice Bianca Pitzorno |
E mentre lei osserva il suo mondo ormai sconvolto, la sua fervida mente non può fare a meno di pensare alla piccola divinità svolazzante che con le sue frecce colpisce a caso, a destra e manca; senza effettivamente curarsi di nessuno.
Ne nasce pertanto una psicologica guerra aperta tra lei e il piccolo mostriciattolo alato. Guerra che la nostra è destinata a perdere miseramente.
Il libro è diviso in sei parti e le vicende narrate coprono un arco temporale di circa quattro mesi; i fatti narrati iniziano verso i primi di Settembre e terminano l'ultimo giorno di Dicembre. Sconcertante è come in soli quattro mesi, l'autrice sia riuscita a far accadere così tante cose.
Ovviamente (come dichiarato anche dalla stessa scrittrice nell'introduzione) il racconto non si riferisce a cose o persone realmente accadute; leggendo poi capirete perché al lettore possa sfiorare tale dubbio.
Nonostante questo manoscritto sia l'erede spirituale del romanzo “Ascolta il mio cuore” non è indispensabile averlo letto per capire le vicende narrate. Tuttavia lo stile e la struttura sono estremamente simili, a cominciare dall'incipit “Dove” che viene utilizzato per i titoli di ogni capitolo.
Inoltre FINALMENTE scopriamo dove i tre romanzi della trilogia sono ambientati, visto che nei precedenti non ne veniva fatta menzione alcuna.
Le vicende si svolgerebbero nella cittadina di Serrata che si troverebbe su un'isoletta sarda chiamata Samara.
Non ho trovato alcun riferimento a questi luoghi su Google; ma non sarebbe la prima volta che la Pitzorno usa dei nomi di fantasia per luoghi italici realmente esistenti.
Pertanto sono e resto dell'opinione che solo leggendo i romanzi precedenti arriverete ad una comprensione della vicenda a tutti i livelli.
La storia segue la logica del narratore onnisciente, ossia quel'essere invisibile tipico del mondo letterario che conosce i pensieri di tutti i protagonisti, o perlomeno di quelli principali.
Tuttavia in qualche passo del romanzo, vi sono delle lettere scritte da Diana all'amica del cuore Teresa Casati, in cui chiaramente abbiamo modo di confrontarci con il suo personalissimo punto di vista.
Il linguaggio utilizzato presenta come gli altri un periodare semplice, pulito, limpido e lineare che riflette alla perfezione il pubblico a cui è destinato, oltre che il modo di pensare e ragionare delle stesse protagoniste.
A fare una vera differenza qui è l'introduzione dell'elemento “libro giallo” nella vicenda, che riesce abilmente a coinvolgere un pubblico più maturo, ma senza appesantire troppo persone che invece non sono particolarmente inclini a questo tipo di letteratura.
Disegni raffiguranti Diana la protagonista, e il dio dell'amore Cupìdo il suo eterno nemico.
Il contesto
storico
storico
e culturale
di riferimento
Ho già parlato fino alla nausea del contesto storico e culturale in cui questa particolare trilogia è ambientata; tuttavia in questo specifico libro ci sono dei dettagli che vanno necessariamente sottolineati.
La storia è in questione è ambientata dieci anni dopo la fine della seconda guerra mondiale, e l'Italia a poco a poco si sta finalmente riprendendo.
Con il miglioramento dell'economia, migliora anche la qualità della vita. Iniziano a circolare le automobili, aprono moltissimi cinema dove la gente ha la possibilità di entrare in contatto con il modello culturale americano, che diventa una vera e propria icona di stile di vita. Per tutti.
Nelle case iniziano a spuntare i primi giganteschi frigoriferi ed il telefono di casa; ma non è stata ancora inventata la televisione.
L'assenza quindi del suddetto elettrodomestico fa si che le informazioni circolino solo tramite radio e giornali e non vi sia la possibilità di accedere ad ogni tipo di contenuto a 360 gradi come oggi.
Le case dei benestanti erano piene di domestiche provenienti dalle numerose famiglie povere di montagna e del contado; ovviamente non esistendo elettrodomestici le pulizie erano svolte tutte a mano.
Nelle scuole le classi erano tutte o femminili o maschili; le classi miste erano considerate esperimenti molto audaci ed erano pochissime.
Non esisteva l'educazione sessuale, pertanto i ragazzi e le ragazze per capirci qualcosa spesso ricorrevano a libri “proibiti” oppure all'aiuto del passaparola, visto che nelle famiglie non esisteva questo tipo di dialogo.
Non esisteva la legge Basaglia, pertanto un malato di mente una volta riconosciuto come tale, veniva rinchiuso in manicomio e vi restava tutta la vita in condizioni igienico sanitarie non esattamente accettabili.
In questo contesto prendono vita le vicende narrate. Tuttavia se volete un quadro completo al fine di comprendere meglio il libro in questione (e quindi anche i due precedenti), consiglio di leggere gli omonimi paragrafi delle recensioni “La voce segreta” e “Ascolta il mio cuore”.
Le sorelle Serra:
Diana la cinefila,
Zelia la piccola
principessa.
Sebbene sia Diana Giuliana Serra la protagonista assoluta di questo libro, non posso esimermi dal dare un ruolo di primo piano anche alla sua sorellina Zelia Marisa Serra, la co-protagonista di questa storia.
Nel libro le due hanno rispettivamente dodici e sette anni e sono le figlie di Astrid Martinez e di Serra Dario, quest'ultimo ormai defunto.
All'inizio delle vicende le due bambine vivono nella cittadina di Lossai (a trecento km da Serrata) con la loro madre ed il secondo marito di lei, il patrigno Manfredi Taverna.
La famiglia visse a Serrata finché fu vivo Dario Serra il vero padre delle due bambine,che pare sia deceduto quando Zelia non aveva neppure un anno mentre Diana ne aveva quasi sei.
La morte del padre ed il secondo matrimonio della madre con Manfredi, avevano portato ad una rottura definitiva tra la famiglia Serra e la loro madre, che aveva deciso così di trasferirsi nella città di Lossai.
Ovviamente le schermaglie familiari raggiunsero proporzioni tali, che Astrid non permise più ai parenti del defunto marito di avere qualsivoglia contatto con le figlie; finendo con scoraggiarli del tutto.
Diana e Zelia pertanto crescono, e la loro vita procede tranquilla, nella più assoluta normalità, di fatto inconsapevoli dei precedenti familiari.
Diana è una ragazza tutta gomiti e ginocchia, goffa, molto magra, con lunghissimi capelli castano rossiccio né lisci né ricci, che disgraziatamente porta pure raccolti in due lunghissime trecce molto sottili fino alle reni. Tuttavia verso la metà del libro taglierà i capelli alla maschietta, con la sfumatura alta. Ha la carnagione bianco patata, il naso non proprio piccolo e delicato, e porta degli enormi occhiali da vista.
Zelia la sorellina, è esattamente l'opposto. Una bambina piccola di statura, ma perfettamente proporzionata. Lunghissimi capelli biondi come l'oro (la famiglia sostiene li abbia ereditati da un antenato continentale) arricciati ogni sera con degli speciali bigodini chiamati diavolini; occhi azzurri, naso all'insù, volto ovale e delicato; insomma una vera bellezza.
Le due sorelle si vogliono molto bene.
Nonostante Diana soffra molto per il proprio aspetto fisico ma soprattutto per il fatto che chiunque abbia sempre una spudorata preferenza nei confronti della sorella (in primis la madre e le domestiche) e ceda ogni tanto ad attacchi di gelosia, comprende come Zelia sia una bambina semplicemente speciale e che invidiarla sarebbe solo tempo perso.
Lei stessa in primis, è costantemente rapita dal fascino della piccola.
Zelia da parte sua è consapevole solo in piccola parte del proprio potere; per il resto fortunatamente è una bambina dolce, affettuosa ed intelligente. Di solito è quieta e remissiva ma molto testarda se s'impunta su qualcosa.
È sempre la beniamina di chiunque la incontri, anche se il ruolo di fan più accanita sicuramente lo detiene Gavinuccia, la sua bambinaia.
Diana ha una passione molto forte per il cinema; infatti fortunatamente sua madre le concede di andare spesso a vedere film giudicati adatti fino ai 14 anni.
Adora poi raccontare i film ai suoi amici, imitando addirittura i suoni delle musiche e cigolii di porte.
Si vergogna molto del suo nome; trova sia più adatto ad un cane, nonostante la madre le abbia spiegato le mitiche origini.
È abbastanza brava a scuola ed è obiettivamente più dotata nelle materie letterarie; inoltre ha una gran passione per la mitologia greca che condivide con la sua migliore amica e vicina di casa Teresa Casati. Non a caso in seconda media quando s'inizierà a studiare l'Iliade, sarà una delle studentesse più appassionate.
Il rapporto che lega Diana e Teresa è una vera e propria sorellanza. Le due da bambine si sono volutamente tagliate il dito con un coltello ed hanno mescolato il proprio sangue come simbolo di eterna lealtà.
Inoltre si sono promesse che non si sposeranno mai senza il permesso dell'altra e che se una delle due dovesse premorire, questa apparirà in sogno alla superstite per raccontare come si vive nell'aldilà.
Il loro legame viene davvero messo a dura prova dopo anni e anni di amicizia, quando totalmente all'improvviso, Diana, sua sorella e sua madre si ritrovano economicamente rovinate.
Infatti Manfredi il loro patrigno, il grande amore della vita della loro madre, perde giocando a carte il patrimonio della moglie ed approfittando del suo ruolo di amministratore, senza dire nulla a nessuno, vende tutto quello che possiedono. Inoltre per non finire in galera decide di fuggire all'estero.
Astrid la madre di Diana, si ritroverà così costretta suo malgrado a chiedere aiuto proprio all'odiatissimo ex suocero, il commendator Giuliano Serra, che per tutta risposta obbliga la ex nuora e le due nipoti a tornare a Serrata in quanto dovranno vivere con lui.
Diana e Teresa da questo momento (almeno in questo libro) non si rivedranno più fisicamente, ma manterranno sempre un continuo contatto epistolare con la promessa di rivedersi quanto prima.
Le due sorelle a Serrata in realtà non si troveranno affatto male; soprattutto Zelia.
Diana stringe nuove amicizie (ed anche inimicizie ovviamente), così come anche Zelia, finendo col trovarsi molto bene in casa del nonno, dove nonostante i modi bruschi, sgradevoli e poco eleganti di lui, vizia le due sorelle in modo più che evidente. Senza contare che scopriremo come Zelia possieda anche un fantastico talento da attrice.
Una caratteristica che accomuna le due sorelle è il profondissimo senso di lealtà che possiedono; sanno esattamente cosa è giusto e cosa è sbagliato arrivando spesso a sfidare anche l'autorità genitoriale; anche di nascosto.
Diana ovviamente essendo la primogenita è la destinataria di atteggiamenti più rudi e poco indulgenti da parte dei grandi.
Pertanto ha sempre un comportamento abbastanza pauroso e timoroso (soprattutto nei confronti della madre), oltre al fatto che manca completamente di iniziativa; diversamente la sorellina che godendo del privilegio dell'immunità grazie all'età ed alla bellezza, riesce sempre a farla franca.
Diana non ha molta simpatia per i maschietti ed anche al cinema ama solo i film western, di pirati o comunque quelli d'avventura; arriverà a biasimare la sua amica Teresa per essersi innamorata di un suo coetaneo di Lossai di nome Carlo.
Eppure la nostra finisce per innamorarsi anche lei dell'attore Jeff Chandler nel ruolo del capo Apache Cocise nel film “L'amante indiana”.
Non solo; alla fine del libro avremo anche un'altra inaspettata sorpresa in tale senso.
Zelia invece anche se nella storia si “fidanza” con un suo compagnuccio di classe avrà un solo, unico, vero e grande amore: Peppo il suo inseparabile scimmiotto di pezza, ereditato tanti anni prima proprio da Diana.
Scopriremo come Peppo altro non sia che un regalo fatto a Diana dallo stesso commendatore al suo ritorno da un viaggio in Germania.
Astrid
Martinez
Serra
Taverna
Il personaggio di Astrid Martinez Serra Taverna ossia la madre di Diana e Zelia a mio avviso meriterebbe una recensione completamente a parte altro che un singolo paragrafo!
Dunque anticipo da subito che questo a mio modestissimo parere è il personaggio più meschino, più miserabile, più vergognoso di tutta la storia.
Francamente leggendo mi ha sempre fatto una pena immensa il fatto che fosse la madre delle protagoniste, che per fortuna non le assomigliano per niente. Ma partiamo dal principio.
Astrid Martinez nasce in una nobile ed aristocratica famiglia di Samara, dove sin dalla più tenera età assieme ai due fratelli più grandi, viene allevata ed educata a vestirsi e comportarsi sempre ed in ogni frangente, come una donna di classe.
Estremamente raffinata, ha una cura maniacale del proprio aspetto. È una donna molto bella, certo non ai livelli della figlia Zelia ma comunque è molto fascinosa ed elegante. Insomma fa molta presa sugli uomini.
In età ormai adulta, la famiglia di Astrid finisce rovinata; essendo nobili e pertanto non abituati a lavorare e con abitudini molto costose, ci mettono davvero poco a diventare degli pseudo accattoni.
I fratelli ereditano una piccola campagna che manderanno avanti con un'altrettanto piccola rendita. Volutamente non si sposeranno e non avranno figli proprio per poter mantenere questo stile di vita che gli consente di non lavorare.
Astrid invece tranne qualche abito all'ultima moda, qualche gioiellino antico e tutta la sua raffinata educazione non eredita proprio niente.
Pertanto non essendo una donna minimamente intenzionata a lavorare e con il preciso intento di entrare nella migliore società di Serrata, deve contrarre matrimonio con un uomo molto ricco. Da qui l'unione con Dario Serra il padre di Diana e Zelia.
Non viene detto praticamente nulla sulla loro unione, su come si siano conosciuti, che rapporto avessero. Nulla.
Sappiamo soltanto che nella famiglia Serra così come a Serrata è universalmente noto e scontato che Astrid abbia sposato Dario solo per i soldi.
La coppia all'inizio vive a villa Camelot, residenza della famiglia Serra; ma è noto come Astrid abbia frequenti e continui scontri con il suocero ed i cognati e di come lei sia totalmente intollerante ai parenti acquisiti, da lei ritenuti dei bottegai arricchiti, senza storia, classe e stile.
Quando Diana è vicina ai sei anni e Zelia quasi uno, Dario muore. Non viene detto né come né perché. Non viene nemmeno descritto come personaggio, di lui sappiamo solo che era un uomo orgoglioso e testardo, caratteristiche ereditate da Diana.
Dopo la dipartita del marito, da una parte Astrid passerà le giornate a singhiozzare rifiutandosi persino di guardare la neonata Zelia; infatti verrà assunta la giovane bambinaia Gavinuccia che diventerà la seconda madre della bambina.
Dall'altra però Astrid rifiuta di prendere il lutto sostenendo che il nero non è igienico e non vuole rattristare le figlie.
Dopo un anno dalla morte di Dario non si sa né dove né come, Astrid incontra Manfredi Taverna.
Astrid è ormai una vedova molto ricca grazie alla precedente unione; ha due magazzini, le rendite di una bellissima campagna, la proprietà di due case in affitto, buoni del tesoro, contanti, gioielli, sterline, suppellettili di grande valore insomma può tranquillamente vivere di rendita.
Manfredi è identico ad Astrid e l'esatto opposto di Dario. È bellissimo, elegante, aristocratico, raffinato, mai fuori posto. Un uomo fascinoso e di classe, ma di fatto senza un soldo. Astrid lo sposa e l'ex suocero non fa mistero di ritenere Manfredi Taverna un cacciatore di dote e lei per tutta risposta, abbandona Serrata e va a vivere a Lossai.
Infatti Manfredi non svolgerà mai alcuna professione, ma si limiterà ad amministrare il patrimonio della moglie.
Amministrare si fa per dire, dato che in città tutti sanno che Manfredi il patrimonio della moglie lo sta solo facendo sparire a poco a poco. Persino la bambinaia Gavinuccia e la cuoca Aurelia ne sono consapevoli.
Quando poi Manfredi perde tutto in una partita a carte e fugge all'estero, Astrid non si sogna neppure lontanamente di cercarsi un lavoro.
Piuttosto torna a Serrata con la figlia primogenita e la manda dal nonno (dopo anni che aveva inibito tutti i contatti tra loro) a chiedere una somma di denaro per mantenersi a Lossai.
Cosa vergognosa manda Diana a fare da ambasciatrice solo perché sapeva essere la nipote preferita dell'ex suocero. Inoltre, prima del loro incontro, dice alla figlia di buttargli subito le braccia al collo, di chiamarlo nonnino e fingere affetto. Diana ovviamente non la starà minimamente a sentire.
Il Commendatore ovviamente non crede ad una sola parola dell'ex nuora ed è convinto che Astrid sappia benissimo dove si trova Manfredi.
Perciò la obbliga a tornare a vivere a casa sua con le figlie e se avrà bisogno anche solo di dieci lire dovrà chiederle a lui spiegando a cosa le servono. Non avrà tutti i torti infatti.
Astrid è una donna di una superficialità pazzesca; è interessata solo all'ordine, al parrucchiere, alla manicure, all'eleganza e al fare bella figura con gli altri.
Arrivate a Serrata si disinteresserà completamente della vita delle figlie arrivando quasi a trattarle da estranee. Sempre nervosa, sempre collerica, ipercritica di ogni aspetto di villa Camelot. I primi giorni litiga con Forica (la prima governante di casa) perché le ha messo le lenzuola di cotone anziché di lino.
Disprezza e rimprovera le figlie (soprattutto Diana) per il loro dare eccessiva confidenza a Gavinuccia, che non merita particolare considerazione in quanto “domestica”.
Disprezza e rimprovera le figlie (soprattutto Diana) per il loro dare eccessiva confidenza a Gavinuccia, che non merita particolare considerazione in quanto “domestica”.
Non fa altro che cercare di mettere le figlie contro il nonno ed in questo sarà Diana quella ad essere più influenzata dai discorsi materni, ma solo all'inizio. Nonostante la ragazza abbia conosciuto il nonno e non ne abbia alcun cattivo ricordo.
Zelia al contrario benché non abbia mai incontrato il commendatore ed abbia solo sette anni, non sarà mai animata da pregiudizi di alcun tipo. Inutile dire che alla fine della storia, Zelia sia pur involontariamente, ruberà il posto di “nipote preferita” alla sorella maggiore.
Astrid a villa Camelot per il primo mese si rifiuta di consumare i pasti a tavola e di vedere il suocero, come pure gli ex cognati, adducendo a presunte emicranee.
Si vestirà di nero da capo a piedi (nonostante Manfredi non sia affatto morto) e passerà le giornate a singhiozzare sul pianoforte.
Ogni scusa è buona per aggredire le figlie ed incolparle di “essersi alleate con il nemico” ossia il commendatore.
Arriverà addirittura a parlare a tavola con il suocero (quando lui la costringerà a consumare i pasti a tavola come gli altri) usando o le figlie o le domestiche come intermediarie. Nasce così il famoso telefono senza fili di casa Serra.
La cosa tristissima di tutta questa storia è di come Diana e Zelia non si facciano nessuna illusione su chi occupi il primo posto nel cuore della madre; sanno che lei le ama, ma danno praticamente per scontato che loro non potranno mai essere per lei ciò che era stato ed è Manfredi. Una tristezza disarmante.
Sia Diana che Zelia quando vedono la madre comportarsi in modo romantico (nel senso ottocentesco del termine), drammatico o teatrale, pensano a lei con tutti e tre i suoi cognomi; mentre quando la sentono estranea o nemica (cosa che succederà sempre più spesso durante la permanenza a Serrata) solo con il cognome dell'ultimo marito.
Diana ha un sano terrore della madre. Ne teme il giudizio, l'arrabbiatura, il nervosismo. Camminerebbe sulle uova pur di non dare fastidio alla genitrice. Zelia invece è molto meno attaccata e pure molto più critica ed indifferente; infatti forte del fatto di essere la piccola e la preferita, spesso ignora la sua autorità.
Lo schifo più totale Astrid lo raggiunge nel ruolo attivo e reattivo che avrà nella congiura organizzata dai cognati (i figli del commendatore) per far interdire il vecchio e rinchiuderlo nel manicomio di Serrata: l'Oliveto.
Astrid nel nome dei soldi dell'eredità arriverà a mentire, imbrogliare e simulare in modo vergognoso. Arriverà a parlare male persino di Diana con gli estranei, inventando cose assurde come ad esempio il fatto che la figlia parla da sola, o sta troppo con la testa fra le nuvole facendo passare come “ereditaria” la pazzia dell'ex suocero.
Diana poveretta non odierà mai veramente la madre nonostante tutto. Nemmeno dopo questo.
Astrid ovviamente mente su tutto a tutti, persino alle sue stesse figlie che non verranno mai e dico mai, informate delle sue macchinazioni.
Diana e Zelia infatti scoprono il complotto degli adulti grazie alle intuizioni delle amiche di scuola, e sempre grazie all'aiuto di altri personaggi estranei alla famiglia Serra, riusciranno a liberare il nonno prigioniero all'Oliveto.
Quando poi il Commendatore caccerà figli e le nuore di casa scopriremo come lui abbia sempre avuto ragione; infatti dopo Natale Astrid s'imbarcherà per l'Argentina.
Dove va? A raggiungere Manfredi ovviamente, con cui ha ripreso una regolare corrispondenza segreta per tutto il tempo che ha soggiornato a Serrata.
Già prima che il Commendatore venisse liberato, la donna aveva intenzione di lasciare le figlie o alla cognata Liliana oppure al cognato Tullio.
Dato che quell'inetto di Manfredi non poteva (o voleva?) certo permettersi di mantenere quattro persone con il suo nuovo e misterioso lavoro.
Fortunatamente dopo la liberazione dal manicomio, il commendatore nomina Diana e Zelia sue eredi cacciando tutti gli altri di casa; quindi le due resteranno (forse per sempre) a vivere con il nonno.
Ufficialmente la separazione madre/figlie dovrebbe durare solo un anno; ma nel romanzo il lettore si rende conto di come tra la donna e le figlie si sia ormai arrivati ad un punto di rottura definitivo.
Né Diana né Zelia sono disposte a rinunciare alla loro vita a Serrata (da ereditiere tra l'altro), per vivere da quasi latitanti all'estero con quell'imbroglione di Manfredi.
La stessa Astrid è consapevole di aver ormai perso ogni ascendente sulle figlie.
Il giorno della partenza della genitrice, Diana prova un fortissimo senso di colpa, tipico di quelle situazioni irrisolte dove si vorrebbe spiegare tutto, chiarire tante cose, ma come di fatto sia ormai troppo tardi.
Le sorelle Serra così come anche Astrid, sanno benissimo che questo, di fatto, sarà un addio.
Il Commendator
Giuliano Serra
e famiglia
Giuliano Serra alias “Il Commendatore” è uno degli uomini più ricchi e potenti di Serrata.
Possiede tutte e cinque le sale cinematografiche della città ed è il padrone del teatro Mascagni.
Vive in un villino che ha fatto costruire a forma di castello medievale chiamato “Villa Camelot” che la nipotina Zelia (ignara della storia dei cavalieri della tavola rotonda) battezzerà “Villa Cammello”.
Apprendiamo che è vedovo da moltissimi anni della moglie nonché madre dei suoi tre figli Dario (deceduto), Liliana e Tullio. Scopriamo anche che durante la vedovanza si è guadagnato una ben nota fama di donnaiolo.
È un uomo di statura imponente, dal fisico forte (anche se grasso), con la faccia da bulldog. Ha pochi capelli, grigi ed arruffati e la mania di fumare sigari toscani.
Non è esattamente quello che si definisce un individuo di classe.
È un uomo intelligente ma dai modi volgari, buschi, sbrigativi. È di temperamento collerico, ma mai violento. Non disdegna spesso l'uso di un linguaggio da scaricatore di porto.
Eppure stranamente è davvero una brava persona; anche se purtroppo palesemente avara (ma non in modo esagerato) e maniaca del controllo.
Infatti ad un occhio ben attento ci si accorge di come egli non solo vizi vergognosamente Diana e Zelia, ma tutta la sua intera famiglia: le domestiche, i figli, le nuore, l'altra nipote.
Persino all'odiatissima Astrid farà condurre lo stesso elevatissimo stile di vita dell'altra nuora Ofelia e della figlia Liliana.
A villa Camelot vi sono tre appartamenti indipendenti. In quello a piano terra vive la figlia Liliana, pensionata, vedova e senza figli. Viene descritta come una donna grossa, molto brutta, con la stessa faccia da bulldog del padre ed accanita fumatrice quanto lui.
In quello al primo piano vivono il baffuto figlio Tullio con la moglie Ofelia (una donna che pare essere una versione molto simile ma meno estremizzata di Astrid) e la loro figlia Silvana di 19 anni.
Infine al terzo piano ci vive lui, e successivamente anche Astrid, Diana e Zelia.
Vi sono due domestiche per ogni piano, tra cui Sofia Lodde (la bambinaia di Silvana), Mariantonia e Forica. Successivamente a loro si unisce pure Gavinuccia.
Nonostante i figli del commendatore siano ultracinquantenni è il padre che paga tutto per loro; inoltre il figlio Tullio lavora con lui in teatro ma esegue solo gli ordini del genitore.
Benché il commendatore minacci dalla mattina alla sera i figli che se non vogliono fare come vuole lui son liberissimi di andarsene, nessuno fa mai le valigie.
Senza dubbio l'inquilina più odiosa è proprio la nipote più grande, Silvana Serra; una 19enne antipatica, odiosa, prepotente, ignorante, maleducata e volgare. La ragazza è viziatissima dai genitori per via della sua bellezza ed eleganza, più o meno come Zelia.
Da subito e senza un vero motivo, crea un clima di tensione con le cugine e la cosa più penosa che attacca briga e fa la prepotente con una ragazzina di 12 anni e una bambina di 7.
Alla fine del libro Silvana quando si scopre diseredata come gli altri adulti si lancerà addosso a Zelia con ferocia per strapparle di mano un sosia del suo scimmiotto di pezza Peppo, che la bambina aveva trovato tra i suoi giocattoli smessi. Buon cielo che pena assoluta di ragazza.
Una cosa molto bella del libro è di come Diana e Zelia chiamino il nonno “commendatore” (anche se paradossalmente lo fanno pure i figli) perché non avendo confidenza con lui, non se la sentono di usare un tono colloquiale, temendo che possa venire frainteso come una volontà d'ingraziarselo.
Solo alla fine, nell'ultimo capitolo dove visioniamo delle lettere scritte da Diana a Teresa, finalmente vediamo come Diana senza rendersene conto, cominci a chiamare “nonno” il commendatore. Zelia aveva iniziato a farlo già dopo la prigionia dell'anziano all'Oliveto, chiamandolo addirittura “nonnino”.
Nonostante il passato da Don Giovanni, a 72 anni Giuliano Serra prende la decisione più folle della sua vita e che gli costerà molto cara; decide di risposarsi.
La sposa è una sartina di 40 anni (da non considerarsi assolutamente una quarantenne bella o ben tenuta come quelle di oggi) piccola, rotondetta, con la crocchia antiquata da donna di campagna: la signora Ninetta. La donna è vedova e senza figli di un muratore e lavora al teatro Mascagni. È ignorante (non per colpa sua) ma molto gentile ed affettuosa. Una donna di una semplicità straordinaria.
Il commendatore cercherà di presentarla alla famiglia ma senza risultato, visto che tutti ma proprio tutti si oppongono al matrimonio.
I motivi sono ovvi; sanno che dopo il matrimonio la donna diventerebbe la nuova padrona e data l'età ci sarebbe addirittura il pericolo che possa avere un figlio. Un'altra bocca con cui spartire l'eredità insomma. Tuttavia il motivo ufficiale del rifiuto sarà il non volersi imparentare con una volgare donnetta dei vicoli.
Le uniche due persone a cui il commendatore riesce a presentare signora Ninetta sono Diana e Zelia che non si tireranno certo indietro, se non altro per educazione.
Di fronte all'irremovibile decisione paterna di sposarsi, i figli e le nuore passano al contrattacco: organizzano una congiura ai danni del vecchio.
I coinvolti saranno i figli Liliana e Tullio, le nuore Astrid ed Ofelia, la nipote Silvana con il suo fidanzato Piercasimiro Adorni. Ovviamente Diana e Zelia verranno tenute all'oscuro di tutto.
Non vi racconto i dettagli del piano per neutralizzare il commendatore perché è troppo bello; vi dico solo che l'obiettivo finale sarà far rinchiudere a vita Giuliano Serra in manicomio, annullare il matrimonio ed indire una denuncia per circonvenzione d'incapace verso la signora Ninetta.
Ovviamente il tutto sarà fatto per ottenere l'immediata conseguenza di entrare subito in possesso dell'eredità. Solo l'intervento delle “due uniche cristiane di casa Serra” (cit.) e amiche, riuscirà a salvare dalla rovina questi novelli Romeo e Giulietta un po' stagionati.
Prisca,
Elisa e
Rosalba:
un ritorno
in grande stile
Sono passati due anni da quando abbiamo lasciato il mitico trio Prisca, Elisa e Rosalba nella classe IV D della scuola elementare Sant'Eufemia e adesso le nostre tre eroine si trovano all'istituto medio statale Eleonora d'Arborea in una classe mista, la II C.
Ovviamente a causa del salto della quinta si ritrovano in seconda media a 11 anni e scopriamo che alcune altre compagne delle elementari si trovano lì con loro: l'odiosa Sveva Lopez del Rio, Emilia Damiani, Flavia Landi, Marcella Osio ed altre.
Anche nelle famiglie delle nostre ragazze ci son stati dei cambiamenti; ad esempio il dottor Leopoldo Maffei lo zio di Elisa, ha sposato la bella Ondina Mùndula e ha avuto due gemelli: Giovanni ed Isabella Maffei battezzati così in onore dei defunti genitori di Elisa.
(Piccola postilla; Zelia col trasferimento alla Sant'Eufemia di Serrata, ha rischiato di finire nella classe della terribile Argìa Sforza ma essendo una studentessa di primina si è salvata dal finire in quella classe. Questa bambina ha davvero una fortuna sfacciata)
Tuttavia le guerre scolastiche non sembrano essersi concluse del tutto; il nuovo mostro della II C è la professoressa Munafò insegnante di storia, geografia, latino ed italiano.
Una donna che non si sa esattamente in base a che cosa (presumibilmente simpatia a pelle) decide preventivamente quanto studi e quanto puoi rendere.
È una donna che odia il cinema in quanto ritenuto poco culturale; è una donna che detesta le bambinaggini ed i modi di ragionare infantili, tanto che non fa studiare il poeta Giovanni Pascoli; è una donna che non accetta versioni di fatti che esulino dagli ufficiali libri scolastici. Inoltre giudica le persone in base alla fama che hanno.
Quando inizia il programma sull'Iliade, assegna brutti voti a chiunque abbia scelto di far parte dell'esercito greco nel gioco in piazza della guerra di Troia.
Elisa e Rosalba riescono a sfuggire agli imperscrutabili criteri negativi della docente, ma Prisca sfortunatamente no. E dopo di lei, nemmeno Diana.
Diana entra a far parte del mitico trio poco tempo dopo il trasferimento all'Eleonora d'Arborea. Sarà proprio il commendatore a volere che la nipote venga iscritta in una sezione mista al fine di “togliersi quelle arie da smorfiosa” (cit.) frutto a suo dire, dell'educazione materna.
Prima conosce Prisca, poi Elisa e subitamente Rosalba, finendo per venire così assorbita dalla monade trilobata senza porte né finestre.
Le quattro amiche diventano complici, cospiratrici, ed inseparabili.
Le tre si dividono i compiti che poi si copiano a vicenda, giocano in piazza alla Guerra di Troia nella stessa squadra (i greci) che vede Elisa nel ruolo di Achille, Prisca di Patroclo, Diana di Menelao mentre Rosalba non ci viene detto, ma di fatto anche lei è nell'esercito greco.
Prisca aiuta Diana con le versioni in prosa dell'Iliade da copiare dopo cena, Rosalba in matematica e disegno, Elisa nel resto.
Rosalba addirittura troverà il modo di far guadagnare qualche soldo extra a Diana, visto che la ragazza non vuole umiliarsi a chiederli al commendatore.
L'aiuto delle amiche arriverà insperato in tanti altri frangenti; dico solo che il loro aiuto sarà fondamentale e decisivo nell'aiutare Diana e Zelia a liberare il nonno prigioniero all'Oliveto.
Personalmente non ho potuto fare a meno di notare una forte somiglianza tra Prisca e Diana.
Entrambe portate per le materie letterarie, entrambe snobbate dalle rispettive madri a causa della loro scarsa bellezza ed eleganza. Eppure per quanto disprezzate, sempre succubi delle genitrici. Entrambe poco sensibili all'amore e romanticherie varie.
L'unica vera differenza sta nel carattere intraprendente, intelligente, intuitivo ma molto guerrafondaio di Prisca che si contrappone alla riflessività ed alla timidezza di Diana.
Entrambe portate per le materie letterarie, entrambe snobbate dalle rispettive madri a causa della loro scarsa bellezza ed eleganza. Eppure per quanto disprezzate, sempre succubi delle genitrici. Entrambe poco sensibili all'amore e romanticherie varie.
L'unica vera differenza sta nel carattere intraprendente, intelligente, intuitivo ma molto guerrafondaio di Prisca che si contrappone alla riflessività ed alla timidezza di Diana.
Ad ogni modo la classe II C vanta comunque altri personaggi degni di nota:
Sveva Lopez Del Rio:
Figlia della migliore amica di Astrid, Giannella Lopez del Rio, Diana viene inviata dalla madre quasi a supplicare la sua amicizia.
Fortunatamente Diana per orgoglio non lo fa, visto che Sveva da subito la tratterà malissimo, insultandola e deridendola per il suo aspetto fisico, la timidezza e la successiva passione per i pellerossa. Fa parte dell'esercito troiano. È considerata la ragazza più bella della classe per via dei suoi capelli neri ricci e gli occhi verdi.
Emilia Damiani:
La troviamo come l'avevamo lasciata in IV D. Fa da serva a Sveva in cambio di umiliazioni e maltrattamenti. Contenta lei. Essendo l'ombra di Sveva sta anche lei nell'esercito troiano.
Flavia Landi:
Eterna raccomandata della maestra Argìa Sforza, qui è una dei prediletti della Munafò. Le vecchie abitudini non muoiono mai.
Marcella Osio:
L'inseparabile compagna di banco di Rosalba Cardano alle medie come lo è stata alle elementari. È rimasta generosa ed altruista come la ricordavamo, oltre ad essere l'unica della classe ad essere due anni avanti rispetto alle coetanee; causa primina e salto della quinta elementare.
Luciana Calvisi:
Assieme a Sveva è una delle belle della classe. Famosa parimenti a Sveva per giocare con i sentimenti dei poveracci che s'invaghiscono di lei.
Agnese Natoli:
Fiera esponente dell'esercito greco.
Laura Marti:
La ragazza più povera della classe, figlia di uno stagnino ma molto generosa con i poveri.
Toniolo Carlotta:
Compagna di banco di Prisca, visto che la Munafò l'ha separata da Elisa causa incessante chiacchiericcio. È molto generosa e talentuosa in disegno.
Carmen Zelti:
Fiera eponente dell'esercito troiano è una cara ragazza animata da buone intenzioni, ma forse un po' troppo pettegola.
Cora Zecchini:
Figlia dell'avvocato da cui si serviva il nonno di Diana. Bugiarda, malefica e maligna esattamente come il padre. Fa parte dell'esercito troiano.
Tommaso Gai:
Il mitico ragazzo prodigio adorato dalla professoressa Munafò.
È timido, bruttino e maniaco dello studio. Molto basso di statura rispetto alla sua età, porta i capelli rasati quasi a zero e gli occhiali. È il primo della classe, ma solo perché l'insegnante lo predilige in modo esagerato.
Gioca nella squadra dei troiani ed è il loro capo Ettore solo perché è il primo della classe.
È timido, bruttino e maniaco dello studio. Molto basso di statura rispetto alla sua età, porta i capelli rasati quasi a zero e gli occhiali. È il primo della classe, ma solo perché l'insegnante lo predilige in modo esagerato.
Gioca nella squadra dei troiani ed è il loro capo Ettore solo perché è il primo della classe.
È figlio di un infermiere del manicomio Oliveto e questo sarà determinante nel risolvere il complotto ai danni del commendatore. Ancora più risolutrice però, sarà la sua cotta feroce per Elisa Maffei.
Lorenzo Palombo:
Di origini veneziane arriva alla scuola Eleonora d'Arborea poco prima di Diana, e forma con lei l'unico banco misto della classe.
Ha i capelli rossi, fitte lentiggini e viene nominato capo dell'esercito greco nel ruolo di Agamennone, visto che è bravissimo ad organizzare corse e riscatti. È sempre molto sollecito ed affettuoso nei confronti di Diana.
Gigi Spadavecchia:
Uno dei preferiti dalla Munafò. Fa parte della squadra dei troiani dove interpreta il ruolo di Paride. Odioso bulletto è una vera spina nel fianco sia in classe che nel gioco.
Giancarlo Cassòl:
Anche lui è uno dei prediletti della Munafò. Sempre in coppia con Spadavecchia fa parte dell'esercito troiano ed è un bullo.
Fabrizio Pisauro:
Un bulletto sempre in coppia con Càssol e Spadavecchia.
Michele Zanche:
Un orgoglioso e tenace esponente dell'esercito greco.
Vittorio Rizzo:
Il cavaliere della classe. Fa parte dell'esercito troiano nel ruolo di Enea. È un ragazzo mite, elegante e cavalleresco, molto apprezzato soprattutto dalle compagne di sesso femminile.
Considerazioni
finali
Personalmente trovo che se avete letto il romanzo “Ascolta il mio cuore” e lo avete apprezzato, non amare questo libro sarà pressoché impossibile.
Il linguaggio come già detto è semplice e fluido quindi di comprensione immediata. Inoltre una caratteristica fortemente apprezzabile è l'incredibile quantità d'informazioni e di spunti di lettura che offre al suo pubblico ad ogni livello; ovviamente spacciate tutte per sottotrame del romanzo.
Esempio la lettura dell'Iliade; i numerosissimi riferimenti ai classici del cinema italiano ed americano che Diana va a vedere con la tessera gratuita datale dal commendatore; la spiegazione tecnica dello sviluppo del corpo femminile; il trattamento riservato ai malati mentali prima della legge Basaglia, ecc.
Ho amato particolarmente le descrizioni fisiche dei personaggi, che contribuiscono ad aiutare il lettore nell'immaginare i propri beniamini. Nei libri precedenti la Pitzorno raramente l'ha fatto, per non dire quasi mai.
L'atmosfera del romanzo è molto distesa anche nei punti un po' crudi come quando il commendatore viene portato via dagli infermieri dell'Oliveto con la forza.
Vi sono tantissimi personaggi ed è molto facile empatizzare con tutti, in quanto riflettono un contesto popolare in cui un lettore si può facilmente identificare.
Sicuramente per il lettore appassionato metà del piacere sarà il veder ritornare i personaggi che aveva amato nel romanzo precedente, più gagliardi di prima.
Il loro interagire con i nuovi, dà vita ad una nuova e freschissima commedia degna di un cinema italiano; che noi fortunatamente possiamo vedere anche senza possedere la tessera gratuita del Commendatore.
Autore MLG
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