Recensione: La regina della rosa rossa


La 


regina 

della 

rosa 


rossa


La 


struttura 

del 



romanzo

Oggi entriamo nel vivo della guerra delle due rose (o guerra dei cugini) dell’autrice Philippa Gregory. Questo nuovo libro si pone cronologicamente al seguito del romanzo “La signora dei fiumi”, tuttavia non è l’unico possibile seguito.
Infatti l’autrice britannica ha preso la singolare decisione di raccontare il fulcro di questa guerra fratricida non da un singolo punto di vista, ma ben tre, tutti differenti ed al femminile, da cui ha ricavato la seguente triade di libri: “La regina della rosa rossa”, “La regina della rosa bianca” e “La futura regina”.
Infatti “La regina della rosa rossa” è il racconto della guerra delle due rose vista da una delle tre donne che più di ogni altra hanno vissuto questo scontro sulla propria pelle, ossia Margaret Beaufort.
I due romanzi successivi invece, sono improntati sul focus di Elisabetta Woodville (la regina della rosa bianca) e di Anna Neville (la futura regina) egualmente protagoniste.
La scelta di raccontare in tre manoscritti differenti la stessa identica vicenda, può apparire abbastanza assurda ma di fatto non lo è.
Infatti leggendoli non vi è pericolo per il lettore di annoiarsi, in quanto le tre donne in questione si sono raramente trovate ad avere a che fare direttamente l’una con l’altra, e nel corso della vicenda furono in schieramenti politici del tutto opposti.
Ne seguono tre differenti risvolti delle loro vite, che rendono il racconto sia pur animato sempre dagli stessi personaggi e dalla stessa trama, sempre fresco e mai scontato.
Tra i tre libri ho deciso di recensire per primo “La regina della rosa rossa” in quanto la vicenda comincia al tempo del regno di re Enrico VI, mentre gli altri due cominciano molto tempo dopo. Questo libro può essere interpretato come un seguito abbastanza coerente del racconto sulla signora dei fiumi.
Paradossalmente, anche se fra i tre romanzi è quello che racconta il periodo di tempo più lungo, è in assoluto il libro fisicamente più breve.
Queste tre donne arrivano al potere in momenti diversi, in schieramenti diversi e con alleati diversi.
La prima ad arrivarci sarà Elisabetta Woodville (la figlia di Giacometta di Lussemburgo che abbiamo lasciato nel romanzo “La signora dei fiumi”) la quale però, dopo molti anni, cadrà vittima un po’del fato ed un po’della sua insopportabile diffidenza, finendo col diventare più una vincitrice morale del conflitto fratricida.
Poi toccherà ad Anna Neville, che però godrà molto poco della vetta conquistata, vittima di un destino da sempre più grande di lei; ed infine l’ultima, Margaret Beaufort, che a mio avviso è la VERA vincitrice della guerra delle due rose.
Il romanzo in Italia è a cura di Marina Deppish, la quale per il titolo ha optato per un cambio di traduzione.
Il titolo originale inglese infatti è “The red queen” ossia “La regina rossa” ma ritengo che il cambio di traduzione in questo caso fosse necessario, in quanto almeno nel nostro Paese questo titolo risulta un po’ ambiguo e non proietta il lettore sul vero contenuto del romanzo.
Infatti  Margaret non è una regina dai capelli rossi, non è una donna particolarmente sanguinaria (anche se su questo ci sarebbe parecchio da discutere) ma solo una donna che per tutta la propria vita ha combattuto al servizio di Dio e soprattutto al servizio del proprio vessillo di nascita: la rosa rossa del casato di Lancaster. Da qui: “La regina della rosa rossa”.

Copertina italiana del romanzo (casa editrice Sperling & Kupfer)

Una delle copertine del romanzo

         
La 


quasi 


regale 

famiglia 


Beaufort

La protagonista di questa storia è Margaret Beaufort (pronunciato Bò-fort) una donna di sangue reale, ma con la sfortuna di appartenere ad una famiglia che non poteva pretendere direttamente il trono inglese e neppure fregiarsi del cognome Plantageneto che sarebbe dovuto essere il loro vero nome per diritto di nascita.
Per comprendere le origini regali della nostra protagonista, dobbiamo fare un salto indietro nel tempo, al regno di re Edoardo III, il monarca di cui ho parlato nella precedente recensione.
Il sovrano che decise di maritare i nipoti nati dai suoi cinque figli maschi, con tutti i rampolli delle principali famiglie nobili inglesi, creando una serie infinita di papabili eredi al trono.
Ritengo che Edoardo III e figli seguirono questa linea politica nella speranza che legando la maggior parte dei nobili alla corona, si potesse creare un potente vincolo di lealtà alla monarchia.
Purtroppo di fatto si ottenne l’esatto opposto, in quanto tutti i nobili finirono per avere sangue reale o quasi, per poi iniziare a scontrarsi fra loro fino a degenerare nella guerra delle due rose.
Re Edoardo III dicevamo, ebbe cinque figli maschi (legittimi ovviamente): i principi Edoardo, Lionello, Giovanni, Edmondo e Tommaso Plantageneto. Per comprendere le origini della famiglia Beaufort ci dobbiamo soffermare sul terzo figlio del re, ossia il principe Giovanni di Gand, duca di Lancaster, il capostipite del casato della rosa rossa; il bis nonno di Margaret.


IL principe Giovanni di Gand, duca di Lancaster, il regale antenato di Margaret e la sua terza moglie Katherine de Roet vedova Swynford.

Giovanni non era esattamente il figlio più amato dal padre e i due ebbero spesso diversi contrasti. In età adulta il principe venne maritato all’ereditiera Bianca Plantageneta di Lancaster, figlia del conte di Lancaster che vantava una discendenza diretta da re Enrico III d’Inghilterra.
Giovanni e Bianca erano imparentati (sia pur molto alla lontana) e lei, in assenza di eredi maschi nella sua famiglia, era divenuta l’ereditiera dei possedimenti e del nome familiare.
All’epoca quando una donna ereditiera (una figlia primogenita che veniva da una famiglia priva di eredi maschi) veniva maritata, tutto ciò che possedeva, diventava di esclusiva proprietà del marito, in quanto per legge una donna non poteva possedere nulla.  
Doveva per forza avere un padre, un marito, addirittura un figlio maschio (anche un genero) o comunque un tutore uomo che doveva gestire tutto per lei. Dopo la morte della donna, suo marito diventava il padrone effettivo, oppure il figlio maschio, oppure un fratello o un nipote maschio.
Il matrimonio accrebbe il prestigio di entrambi, infatti i due coniugi da conti divennero duchi di Lancaster per poter essere al pari di rango con gli altri principi reali. Anche l’unione di fatto tra Giovanni e Bianca fu davvero molto felice.
Ebbero sette figli ma ne sopravvissero solo tre: Filippa, Elisabetta ed Enrico di Lancaster. Bianca morì poco dopo la nascita dell’ultimo figlio, lasciando Giovanni vedovo.
Terminato l’anno di lutto, al fine di rafforzare l’alleanza del padre con il regno di Castiglia, Giovanni ormai vedovo e suo fratello Edmondo ancora celibe, vennero maritati con le due infante spagnole Costanza ed Isabella di Castiglia.
Questa seconda unione invece fu tutt’altro che felice. Costanza non era la donna giusta, ed ebbero solo due figli dei quali sopravvisse solo la figlia femmina, ossia Caterina di Lancaster. Poco dopo la nascita della bambina, Giovanni s’innamorò perdutamente della balia della figlia, la giovane Katherine de Roet, vedova Swynford.  
I due (per dirla in maniera carina) fuggirono insieme riparando in uno dei castelli che Giovanni possedeva in Francia (all’epoca la famiglia reale inglese esercitava il suo dominio anche nell’estremo nord della Francia) che scelsero come residenza personale: il castello di Beaufort.
Dalla loro unione nacquero quattro figli: John, Henry, Thomas e Joan.
Giovanni li riconobbe tutti, ma dato che era ancora sposato con Costanza (all’epoca i matrimoni non si potevano annullare se non su basi validissime che dovevano essere comunque prima approvate dal Papa) vennero riconosciuti solo come bastardi reali, e dovettero usare il nome del castello di Beaufort come nomenclatura (che poi divenne il loro cognome). Infatti non potevano essere dei principi Plantageneti come i loro fratellastri.
Caso volle che la legittima moglie di Giovanni, la duchessa Costanza, morì prima di lui. Il principe era ormai anziano e sul trono non vi era più suo padre re Edoardo III, ma suo nipote re Riccardo II (figlio di suo fratello Edoardo del Galles).

Re Riccardo II d'Inghilterra

                                              
I rapporti tra zio e nipote erano sempre stati molto positivi, infatti re Riccardo aveva sempre voluto molto bene allo zio.
Perciò il duca di Lancaster appena rimase vedovo, si affrettò a sposare Katherine al fine di renderla la nuova duchessa e chiese il riconoscimento ufficiale dei loro quattro figli, affinché divenissero dei reali a tutti gli effetti. Il principe Giovanni morì qualche tempo dopo.
Re Riccardo accettò la richiesta e riconobbe tutti i Beaufort come suoi cugini, al pari degli altri; tuttavia non molto tempo dopo, per motivi politici che esulano dalla vicenda in questione, re Riccardo fu prima deposto e poi assassinato.
Al suo posto dato che il re ucciso non aveva avuto figli, il trono venne offerto in base alla successione maschile, proprio ad Enrico di Lancaster, il figlio nato dal primo matrimonio del principe Giovanni con lady Bianca, che divenne re Enrico IV d’Inghilterra.
Enrico IV divenne re ormai già vedovo da parecchi anni, padre di sei figli, di cui quattro maschi. Insomma non aveva tutto questo interesse a riconoscere come legittimi i fratellastri Beaufort, che avrebbero potuto attentare alla sua personale linea successione.


Re Enrico IV d’Inghilterra

Perciò decise di aggirare l’ostacolo. Non potendo cancellare il decreto di re Riccardo che riconosceva i Beaufort, anche lui li riconobbe ma sotto giuramento che non avrebbero mai e poi mai potuto vantare diritti di successione al trono.
I Beaufort tutt'altro che stupidi, sapendo perfettamente che rifiutandosi di accettare non ci avrebbero guadagnato un bel nulla, giurarono.
All’epoca i giuramenti venivano fatti quasi sempre su una sacra reliquia, violarli portava diritti all’Inferno. Per loro valevano tanto quanto un documento scritto e pure di più.
I quattro ragazzi Beaufort fecero tutti carriera alla corte del fratellastro.
John Beaufort fu fatto conte di Somerset e divenne il nonno paterno della protagonista della nostra storia.
Henry Beaufort fu avviato alla carriera ecclesiastica fino a divenire cardinale. Fu l’uomo più potente d’Inghilterra, che come già detto nella scorsa recensione, influenzò fortemente la politica del giovane re Enrico VI d’Inghilterra.
Thomas Beaufort fu fatto duca di Exeter ma morì molto giovane senza discendenza.
Joan Beaufort sposò il ricchissimo e nobilissimo Ralph Neville, conte di Westmorland. Fu anche la madre di lady Cecilia Neville, la moglie del duca di York e la madre di re Edoardo IV d’Inghilterra. Joan fu anche la nonna paterna del conte di Warwick, “il creatore di re”.
Come già detto in questa storia sono praticamente tutti parenti.
      
Stemma della famiglia Beaufort

                                                              

La rosa rossa, simbolo del casato di Lancaster

            


Margaret 


Beaufort, 

la 


regina 

della 


rosa 


rossa

È la protagonista assoluta della storia. L’intera vicenda è raccontata dal suo esclusivo punto di vista, che vi assicuro che se paragonato a quello delle altre due donne dei romanzi successivi, è sicuramente quello più …. singolare.
Ammetto che a prima lettura era un personaggio che non avevo molto “compreso”.
Non porta il lettore ad empatizzare, né ispira alcuna simpatia. Tuttavia ad un’attenta rilettura e disamina della storia, ho avuto modo di rendermi conto quanto questa donna sia semplicemente straordinaria, ma non nel senso più positivo del termine.
Se dovessi dare una definizione personalissima di Margaret Beaufort e della sua vita, userei la seguente espressione: “Un’eroina di una tragedia sofoclea che alla fine ce l’ha fatta”.
Margaret nasce il 31 Maggio 1443 nel castello di Bletsoe, residenza della sua famiglia. All’epoca sul trono vi era ancora re Enrico VI, il pover’uomo più adatto a fare il monaco che il sovrano, e che abbiamo già visto nel romanzo precedente della saga.
Margaret sin da piccola dimostra di non essere una bambina come le altre, e dalla tenerissima età un particolare lato del suo carattere la animerà e allo stesso tempo la dominerà per tutta la vita: la fortissima ambizione.
Nasce in una famiglia di altissimo lignaggio del casato reale di Lancaster; suo padre è John Beaufort duca di Somerset, un cugino di re Enrico VI,
(era il fratello maggiore di Edmund Beaufort, l’amico particolare della regina Margherita d’Angiò se ci siamo intesi)
e sua madre è lady Margaret Beauchamp, una nobile rampolla di famiglia filo lancastriana, ovviamente mezza imparentata col consorte.
Margaret è l’unica figlia della coppia ma viene al mondo con un destino già molto pesante; il padre muore suicida poco dopo la sua nascita, in quanto era caduto in disgrazia presso la corte per motivi politici e contrasti con il casato di York.
Purtroppo il padre di Margaret non era riuscito a gestire efficacemente la sua situazione politica e finanziaria. Perciò quando questa si era fatta ormai insostenibile, il duca consapevole di aver ormai perso il favore del re, degli altri nobili e del suo stesso Paese, deciderà di farla finita.
Morire suicida in un’epoca cattolicissima come quella dell’Inghilterra del quattrocento era un disonore inaccettabile. Uccidersi equivaleva a commettere un  peccato mortale dove non vi era altra possibilità che finire all’Inferno. Pertanto questo suicidio manderà la sua piccola famiglia nella disperazione più totale e nel profondo disonore.
Purtroppo erano tempi dove persino la prospettiva di dove saresti finito una volta deceduto, poteva influenzare il tuo status sociale.
Tuttavia la neo vedova, Margaret Beauchamp ossia la madre della protagonista, non si perde d’animo; prima di sposare Somerset aveva già contratto un altro matrimonio, dal quale erano nati sei figli. Sapeva come salvare la faccia ma soprattutto il patrimonio.
Essendo Margaret una bambina di sangue quasi reale, provvede immediatamente a sistemarla prima come pupilla/protetta del duca di Suffolk e poi glie la promette in moglie. Subito dopo la stessa Beauchamp si appresta ad auto sistemarsi in un terzo vantaggioso matrimonio con il visconte di Welles, dal quale avrà altri due figli.
Margaret è una bambina per nulla amata dai genitori, con una palese ferita da rifiuto, per dirla usando un termine di psicologia. Entrambi i genitori erano rimasti delusissimi alla sua nascita, sperando ardentemente in un erede maschio.
Con l’unico risultato che il padre non si era dato particolare pena di lottare per lei, mentre sua madre l’aveva sempre trattata come un fastidio da cui trarre il massimo vantaggio possibile.


Possibile immagine del duca di Somerset, il padre di Margaret

La bambina quindi sin dall’età infantile cerca in ogni modo di distinguersi, di essere speciale. Per una donna del suo tempo l’unico modo per essere tale (secondo lei) era diventare una Santa.

Ritratto di Margaret Beaufort la regina madre

                         

Prega tantissimo, sempre inginocchiata per terra, digiuna, cerca di studiare il più possibile (almeno per quello che la madre le permette), cerca di non mostrare nessunissimo interesse per l’aspetto fisico e tutto ciò che considera mondanità e vive nel mito di Giovanna d’Arco, la Santa guerriera di Francia.

Infatti all'inizio del libro abbiamo una piccola parte scritta in corsivo, dove Margaret sogna proprio di essere Giovanna d'Arco mentre viene condotta al rogo.
A livello storico non si sa se la vera Margaret Beaufort abbia mai nutrito davvero dell’ammirazione per la figura di Giovanna d’Arco.
Margaret era inglese, ed in quanto tale, allevata, cresciuta e pasciuta a ritenere che la Pulzella d’Orleàns non fosse altro che una strega.
Inoltre Giovanna era una donna davvero troppo fuori dagli schemi (il vestire da uomo, il combattere, l’andare a cavallo, il guidare eserciti) anche per una donna come Margaret, che notoriamente non amava i caratteri forti ed anticonformisti. Paradossalmente proprio nelle donne.
Tuttavia tale ammirazione si può ritenere abbastanza plausibile, in assenza di prove concrete del contrario.
La nostra regina rossa pertanto sogna di diventare una suora, una madre badessa o priora. Vuole studiare tutto ciò che c’è da conoscere, vuole imparare il latino (all’epoca quasi tutti i testi erano scritti in quella lingua, considerata la lingua dei colti) e pure l’ebraico.
Da bambina fa davvero tenerezza perché cerca costantemente di affermare la propria opinione rimanendo sempre sconcertata nel rendersi conto come di fatto, quello che fa o dice non interessa a nessuno.
Sua madre considera questi atteggiamenti una vera e propria seccatura e si rivela spesso infastidita dal dover gestire una figlia del genere, da sempre vissuta come un peso. Perciò cerca di liberarsene il prima possibile.


Probabili effigi tombali dei nonni paterni di Margaret, i conti di Somerset

Tutta la vita della ragazza non sarà altro che un’eterna lotta per affermare se stessa. A soli 12 anni viene obbligata dalla madre a sposare il suo primo marito Edmund Tudor, dal quale avrà il suo unico figlio: Enrico Tudor.
Margaret rimarrà vedova meno di un anno dopo, ed a quasi 15 anni verrà separata dal figlio appena nato ed obbligata dalla madre a contrarre un nuovo vantaggioso matrimonio con Lord Henry Stafford, di 28 anni.
Rimarrà di nuovo vedova tredici anni dopo. Quasi contemporaneamente, morirà anche la madre. Margaret nel romanzo apprende la notizia con la stessa indifferenza di quando una persona controlla l’orario. A ragione devo dire.
Terminato l’anno di lutto, per ragioni prettamente politiche, Margaret per sua scelta sposa il suo terzo ed ultimo marito, Lord Thomas Stanley da cui si separerà legalmente all’incirca dodici anni dopo (il matrimonio verrà annullato di comune accordo).
Per tutta la vita viene inculcato in Margaret l’odio feroce verso il duca di York e tutto ciò che la sua famiglia rappresenta.
Nonostante la giovanissima età si rivela di una straordinaria intelligenza quando chiede alla madre: “Ma perché dobbiamo essere contro gli York? Siamo la stessa famiglia, siamo tutti Plantageneti. Che senso ha farci la guerra fra noi?”. Straordinaria.
Per poi sentirsi rispondere candidamente che proprio in quanto tutti Plantageneti ci sarebbe sempre stato odio tra loro, al fine di poter ottenere la corona.
In particolare gli York pur di arrivarci avrebbero tranquillamente ucciso tutti i Lancaster, visto che erano quelli più vicini nella linea di successione.


Ritratto di Margaret Beaufort; la donna quando il figlio divenne re, fece sparire tutti i suoi ritratti antecedenti a quel periodo e lasciò solo quelli dov'era rappresentata in abiti rigorosamente monacali e nel ruolo di regina madre. Da parte sua vi fu sempre la fortissima volontà di RIBADIRE che tutto quello che era stata prima dell’ascesa del figlio non aveva nessuna importanza. Un voler urlare al mondo intero: “La mia vita ha inizio da qui”.

Infatti Margaret non riuscirà mai a liberarsi dell’odio parentale nei confronti dell’intero casato di York.
Nemmeno quando il giovane Edoardo di March sconfigge re Enrico e diventa re Edoardo IV, la donna sarà capace di rassegnarsi; continuerà a complottare contro di lui fino alla dipartita del monarca ed oltre.
Margaret non avendo potuto diventare una suora, ha bisogno di credere che Dio l’abbia chiamata ad un destino più alto, più importante, che solo lei avrebbe potuto compiere.
Memore delle parole materne sulla volubilità dei mariti che a suo dire vanno e vengono, e sapendo di vivere in un mondo dove una donna non conta assolutamente nulla, decide di fare la cosa che purtroppo oggi risulterebbe come la peggiore possibile: decide di realizzarsi attraverso suo figlio.
A rafforzare questa tendenza sono le sue visioni (dovute probabilmente ai pesanti digiuni che si auto imponeva) fino a convincersi che il suo destino sia quello di aiutare il figlio a diventare re d’Inghilterra.
È il compito che Dio le ha destinato sin dalla nascita, la ragione per cui non ha voluto fare di lei una Santa vergine come Giovanna d’Arco.
Margaret infatti sarà sempre legata alla figura della Vergine Maria, esaltata dalla sua personalissima idea di aver ricevuto un destino molto simile a quello della Madonna.
La capacità di auto convincersi delle proprie opinioni presentatesi sottoforma di visioni, è sconcertante. Almeno io l’ho trovata tale. Nel romanzo non la si vede mai veramente divorata dal tarlo del dubbio, nonostante ci vorranno ben ventisette anni (partendo dall’anno di nascita del figlio) prima di vedere realizzata la sua missione, il suo scopo divino.
La nostra regina rossa non si fermerà davanti a niente e nessuno pur di arrivare all’obiettivo finale: nemmeno se ciò comporterà divenire la possibile mandante di omicidi, l’allearsi con probabili assassini d’infanti, traditori e voltagabbana; il simulare amicizie, il tradire i patti.
Il tutto vissuto in modo profondamente cristiano naturalmente. Sappiate che il dubbio di star facendo qualcosa di moralmente aberrante non le sfiorerà nemmeno l’anticamera del cervello.
Questa donna è di un estremismo religioso semplicemente esasperato persino se rapportato ad un’epoca come quella in cui visse.
Ha una strana concezione di Dio, che somiglia molto di più a quello ebraico che a quello cristiano/cattolico.
Un Dio che ha un suo piano divino immutabile, un Dio che le permette di causare omicidi pur di arrivare dove vuole, un Dio la cui volontà si esprime solo attraverso pochi eletti, gente come lei. Infatti guarda caso, Margaret non troverà mai una persona che reputi anche solo vagamente simile a lei.
Non è capace di provare affetto per le persone, anche se spesso nel romanzo la si vede elemosinarlo dagli altri, sempre senza risultato. L’unico vero amore della sua vita sarà soltanto la sua ambizione.

Effigie tombale di Margaret Beaufort

                                   

Persino l’affetto che prova per il figlio viene perfettamente chiarito quando la donna (riflettendo tra sé) dice di amarlo come erede dei Lancaster, perché altrimenti non sarebbe stata capace di amarlo in nessun altro modo.
Prova una passione giovanile per suo cognato Jasper Tudor, ma di fatto quando ha modo di rendersi conto che il cognato le vuol bene, ma non la ama nel vero senso del termine, si dedicherà ancora di più alla sua sacra missione, convintissima come non mai che sia quella la sua vera ragione di vita.
Non ha mai amato né stimato il secondo marito, Henry Stafford, l’unico che effettivamente era innamorato di lei ed avrà un rapporto stile associazione a delinquere con il terzo marito. Margaret farà annullare il loro matrimonio appena il figlio diverrà re ed avrà dato al patrigno il titolo di conte di Derby, come ricompensa per averlo aiutato ad ottenere il trono.
Infatti Margaret alla fine ci riesce. Dopo anni di lotte, congiure, intrighi e tradimenti riesce nel suo intento.
Farà diventare suo figlio re Enrico VII d’Inghilterra, annienterà per sempre l’odiatissimo casato di York e potrà finalmente autofregiarsi del titolo di Margaret R. ossia Margaret la regina madre, realizzando il sogno di tutta quanta la sua vita.
Dopodiché la nostra signora prenderà finalmente i voti e diverrà una suora. Andrà in convento? Ma assolutamente no! Continuerà ad aiutare il figlio nel governo dell’Inghilterra come consigliera. Sempre per volontà di Dio chiaramente. Anche se di fatto sarà sempre lei a gestire quasi tutto, diventando la donna più potente ed influente del Paese. Anche se devo dirlo, in questo si rivelerà davvero una donna straordinariamente capace, al posto giusto nel momento giusto. In effetti governare sarà davvero la sua vera vocazione.
Difficile esprimere un genuino giudizio sulla figura di questa donna. Ripeto, quando lessi il libro per la prima volta, ella generò in me solo un gran fastidio. Egocentrica, fanatica, esaltata, acida, opportunista, cattiva, falsa, e possibile mandante di omicidi.
Niente che potesse effettivamente ispirare un lettore. Sapere poi che alla fine aveva vinto il conflitto delle due rose, mi aveva dato ancora più fastidio.
Rileggendo il manoscritto a distanza di anni ho avuto modo di rendermi conto di tante cose, che mi hanno portato non ad apprezzarla, ma a rivalutarla.
Margaret Beaufort è stata una bambina mai amata, una ragazza mai amata ed infine una donna mai amata. Per tutta la vita. Rifiutata dai genitori, mai compresa dai mariti e pure dal figlio (almeno all’inizio), rifiutata dal cognato che amava (solo nel romanzo), e di fatto anche da tutte le persone che ha conosciuto.
È cresciuta in un contesto di guerra, di odio profondo dove il potere era l’unica cosa ad avere un reale valore; e lei, che di fatto non era una bambina come le altre ed incapace di venir compresa, sceglie la sola strada possibile: cercare di ottenere il potere.
Il potere come mezzo per poter essere vista, essere ascoltata, essere considerata, essere amata, essere qualcuno e non una semplice fattrice. Nel bene e nel male.
Penso che Dio fosse solo il suo scudo protettivo oltre che la sua speranza. Dio era la sua giustificazione per poter agire come ha sempre fatto.
Il bisogno di essere riconosciuta, di essere speciale, di essere vista ha fatto si che credesse fino all’ultimo che era Dio ad animare il suo destino e senza mai riuscire a dubitare.
A dimostrazione della mia tesi è l’atteggiamento che Margaret ha ed avrà sempre nei confronti delle donne: Margaret odia le donne.
Per tutto il romanzo è animata da due sentimenti: l’ambizione come già detto, e l’invidia. Cosa grave è che non la riconosce nemmeno come peccato, anzi spesso da la colpa a chi le fa provare suddetto sentimento.
È misogina fino all’inverosimile. L’apice lo raggiunge nei confronti della regina Elisabetta Woodville, moglie di re Edoardo IV che diverrà, ironia della sorte, sua consuocera (per motivi politici e dinastici).
Non sopporta la sua bellezza, non sopporta il suo essere amata, non sopporta che abbia tanti figli tutti belli, non tollera il suo fascino, né la sua allegria.
La sconcerta il fatto che un uomo come Edoardo di York abbia preferito sposare una nullità come lei anziché la stessa Margaret, l’erede auto investita dei Lancaster (Margaret aveva un anno meno di Edoardo mentre la Woodville aveva cinque anni più di lui). L’ennesimo smacco al suo lignaggio ed al suo orgoglio.
Infatti poi riverserà tale odio sulla nuora Elisabetta di York e persino verso la sua stessa nipote, la principessa Maria Tudor, colpevole di essere bella e fascinosa come la madre e la nonna.
Con loro da sicuramente il meglio di sé, ma di fatto si comporta così verso tutte le donne che godono di qualche considerazione. Le odia perché ottengono l’amore che lei non ha mai avuto.
Lei per essere poter essere considerata era dovuta diventare qualcuno, a caro prezzo.
Detesta quelle donne che vengono amate per il solo fatto che esistono, solo perché sorridono, solo perché sono belle, solo perché sono piacevoli, tutte qualità che lei non ha mai posseduto.
Infatti per tutta la narrazione non fa altro che denigrarle e rafforzare ancora di più la convinzione di essere speciale per Dio e di essere destinata ad un mondo superiore, al contrario delle sciocche da cui è circondata.
Infatti nessuna donna è mai degna di lei a suo dire e pensare.
Quindi Margaret cade, a volte si rassegna a sopportare, ma non molla mai. Non molla perché la fede (qualcuno la definirebbe speranza) è tutto quello che ha, tutto quello che ha sempre avuto. Non molla perché farlo significherebbe rassegnarsi all’oblio, all’ammettere di essere sempre stata un nulla come tutte le altre donne, se non peggio.
Lei non poteva vivere accettando di essere meno di niente in una squallida vita scelta per lei.
Lei era una donna che non poteva perdere. Ed infatti ha vinto.

Immagine di Margaret Beaufort

                                      


I tre mariti: 

Edmund Tudor, 

Henry Stafford e 

Thomas Stanley

Margaret come già accennato, venne promessa quasi infante a William De la Pole duca di Suffolk, che doveva essere il suo protettore e poi marito.
William De la Pole cadde poi in disgrazia presso la corte lancastriana a causa della cattiva gestione delle terre inglesi in Francia, ma soprattutto a causa dell’eccessivo favoritismo riservatogli da re Enrico e dalla regina Margherita d’Angiò.
I due sovrani, quando De la Pole venne convocato in Parlamento a dare conto del suo operato in Francia, per paura che venisse condannato a morte lo aiutano a fuggire. Addirittura la regina Margherita gli dona uno dei suoi gioielli per pagarsi il viaggio.
De la Pole fu successivamente ritrovato morto. Ucciso ovviamente. Dopo tutto questo, lady Beauchamp la madre di Margaret, si reca immediatamente a Londra con la figlia di 9 anni per sconfessare pubblicamente il fidanzamento della bambina con il duca.
Margaret in quell’occasione avrebbe voluto farsi ascoltare, dire al re che aveva una vocazione da santa come la sua (re Enrico aveva la fama di essere un santo già da vivo) e di essere mandata in convento. Ma niente. A nessuno interesserà la sua opinione.
Pertanto viene subito concordato un altro matrimonio con Edmund Tudor, fratellastro materno di re Enrico.
La madre del sovrano, ossia la ex regina consorte Caterina di Valois, subito dopo essere rimasta vedova di re Enrico V era fuggita con Owen Tudor il suo guardarobiere (maggiordomo) gallese che aveva poi sposato. Nonostante lo scandalo, alla fine il piccolo re aveva perdonato alla madre il matrimonio di bassissimo rango. Da questa unione erano poi nati Edmund e Jasper Tudor.
Successivamente lo stesso re che non aveva mai avuto una vera famiglia, li aveva riconosciuti come fratelli e li aveva insigniti dei titoli di conte di Richmond (Edmund) e conte di Pembroke (Jasper) assegnandogli il controllo dell’intero Galles.
Ovviamente i due giovani Tudor non dimenticheranno mai ciò che il fratellastro aveva fatto per loro e lo serviranno sempre e lealmente, fino all’ultimo. Anche quando ormai era divenuto chiaro che re Enrico non poteva più essere un re accettabile.
Qual era lo scopo dell’unione di Edmund con Margaret Beaufort? Rafforzare ancora di più il casato di Lancaster, contro l’ormai potentissimo nemico York.
A 12 anni Margaret parte per il Galles dove la gente a malapena parla la lingua inglese (per non dire che non la parla affatto) ed il suo sposo è un uomo di 26 anni, costantemente in compagnia del fratello minore, di 25 anni.
Tale unione per Margaret sarà un vero e proprio incubo. Edmund è un uomo gretto, volgare, totalmente irriguardoso ed irrispettoso verso la giovanissima sposa.
Ovviamente non è per nulla attratto da Margaret (una bambina ricordiamolo!) che ha sposato solo per rafforzare la propria posizione dinastica, tanto che per riuscire ad adempiere ai propri doveri coniugali deve per forza essere ubriaco. Un individuo penoso.
Non ha nessuna considerazione per la moglie e non le rivolgerà quasi mai la parola. Disquisisce solo con il fratello Jasper e mostra di essere una persona che a parte parlar male del prossimo, non ha molti altri talenti.
Solo quando la moglie bambina annuncerà di essere incinta (o meglio a farlo sarà la ex balia di Edmund, visto che Margaret avendo solo 13 anni  capisce ancora ben poco di queste cose), finalmente la degnerà di qualche parola.
Grazie al cielo per Margaret e per noi lettori, questo squallore d’uomo viene fatto prigioniero da un contingente York quando ormai il conflitto fra re Enrico e il duca reale si sarà fatto più acceso e pericoloso. Durante la prigionia muore di peste, lasciando Margaret vedova ed incinta di sette mesi.


Possibile ritratto di Edmund Tudor all’investitura come conte di Richmond.

Margaret reagisce alla morte di Edmund con totale indifferenza e non sprecherà parola alcuna per questo individuo. Come se fosse venuto a mancare il nulla più assoluto. A ragione direi. Solo Jasper lo ricorderà sempre con un affetto ed una devozione quasi infantile.
Dopo aver partorito il figlio e terminato l’anno di lutto, Margaret ha quasi 15 anni e scopre di essere stata costretta dalla madre ad un nuovo matrimonio.
Lo sposo, Henry Stafford, ha 28 anni ed è il figlio secondogenito del duca di Buckingham, un duca di ascendenza reale (discendeva da Edoardo III d’Inghilterra attraverso una figlia del principe Tommaso Plantageneto duca di Gloucester) e ricchissimo ovviamente; di denaro, di terre e castelli.
Henry Stafford non è l’erede del ducato di Buckingham, in quanto suo fratello maggiore era deceduto lasciando un unico figlio appena nato che ne aveva ereditato i diritti di successione, ma anche senza ducato era comunque un uomo molto ricco, rispettato, ottimo amministratore ed ancora celibe.
Margaret prova disprezzo per lui da subito. Non fa altro che rimarcare la loro differenza d’età e quanto il marito sia vecchio rispetto a lei.
Stafford è l’unico uomo che abbia davvero mai amato Margaret ed in cambio per tredici anni di matrimonio riceverà solo sdegno ed insofferenza. Nonostante sia un membro della famiglia Stafford, tutti ambiziosissimi in modo esasperante, lui non ama né le guerre, né i troni, né il potere.


Possibile litografia settecentesca di Humprey Stafford, duca di Buckingham, secondo suocero di Margaret.

Ama la sua casa, la sua routine quotidiana, amministra saggiamente i suoi possedimenti, ed ha profondo rispetto e considerazione per gli uomini che lavorano e combattono per lui. Inoltre è profondamente patriottico, in modo umano, non politico.
Tutto questo non potrà fare altro che causare problemi nel suo matrimonio con Margaret. Margaret è un’esaltata che ha della guerra un’idea mitica, costruita sui miti e sui racconti riguardanti Giovanna d’Arco; è ossessionata dal potere e non sopporta che il marito non condivida le sue ambizioni e non si esalti per le sue profetiche visioni.
Per Margaret conta che sul trono vi siano solo e soltanto i Lancaster ma per il semplice motivo perché è il SUO casato. Lei e suo figlio hanno speranze di regnare solo finché sul trono vi sono i Lancaster.
A dimostrazione di quanto sia fedele al casato a modo suo, quasi gioisce quando verrà a sapere della morte del principe Edoardo, l’unico figlio di re Enrico e della regina Margherita d’Angiò, caduto nella battaglia di Tewkesbury.
Invece di struggersi o quantomeno dispiacersi per la morte del suo legittimo principe, lei in realtà pensa a quanto stia avanzando il figlio nella successione, sempre seguendo la gerarchia Lancaster.
Stafford invece, all’inizio rifiuta di andare in guerra in quanto ritiene che il conflitto tra i due casati reali sia solo dettato da forti problemi di comunicazione ed incomprensione; ma quando si rende conto che ormai gli York puntano al trono, segue i familiari in guerra. Il suo stesso padre morirà in quell’occasione.
Margaret ovviamente di fronte al diniego del marito di armarsi e partire non farà altro che disprezzarlo ancora di più e ritenerlo un codardo, oltre a fare fastidiosi paragoni con Jasper Tudor. Prudentemente però terrà queste ultime considerazioni per sé ma cercherà sempre di forzare il marito ad andare in guerra.
Dopo sei anni di governo yorkista ed il ritorno di Margherita d’Angiò, vedremo Stafford cambiare addirittura fazione. Guadagnandosi l’odio feroce della moglie.
I motivi che lo spingono a cambiare bandiera sono molti. Dopo sei anni di collaudo, Stafford ritiene che Edoardo sia davvero un buon sovrano, mentre di fatto re Enrico è ormai un demente con una moglie tiranna che odia gli inglesi ed un figlio spregevole come erede.
In secondo luogo ritenendo estremamente probabile la vittoria definitiva di re Edoardo, pensa che il sostenerlo avrebbe potuto permettere al figliastro Enrico di ricongiungersi con Margaret (i due erano stati separati proprio per le convinzioni della donna troppo ostili agli York).  
Infine spera soprattutto di portare definitivamente la pace in Inghilterra concludendo cosi la guerra fra i due casati reali.
Margaret tutto questo non lo capisce. Non le interessa. Non ci ragiona. Urla, strepita, lancia maledizioni, pretende si faccia come vuole lei. Ovviamente lui continuerà per la sua strada.
Appoggiare gli York si rivelerà una scelta azzeccata visto che re Edoardo alla fine vince definitivamente. Stafford però rimarrà ferito, ed alla lunga, la piaga della battaglia cicatrizzandosi gli causerà un’infezione che lo ucciderà.
Solo dopo la sua dipartita, Margaret si renderà conto di quanto quell’uomo sia stato importante nella sua vita. Stafford che già da sposati le aveva insegnato il latino, le aveva permesso di avere un precettore, di leggere, di studiare, di avere una rendita tutta sua, la rende anche una ricchissima vedova. Tuttavia prima di congedarla da questa vita, le lascia il consiglio più prezioso di tutti: fare pace con gli York.
La morte di Henry Stafford è uno dei momenti più toccanti del romanzo. Non tanto per come la vive Margaret che è presa da ben altre cose e si degnerà di andare al capezzale del marito solo quando i medici le diranno che sta per morire, ma per quello che quest’uomo di fatto ha rappresentato e lasciato.
Ha combattuto per il suo Paese al momento giusto, amministrato sempre ed adeguatamente i suoi beni, si è comportato da ottimo zio per il nipote, da ottimo figlio per il padre e da bravo patrigno per il giovane Enrico. Un compagno davvero ammirevole.
Un uomo che in tredici anni di matrimonio ha dato davvero tutto ed in cambio si è ritrovato una moglie come Margaret.
Lui stesso prima di morire la esorta a trovare un marito con intenti e modus vivendi più simili ai suoi. Una tristezza infinita.
Margaret per una volta nella vita, si decide a dare retta all’ormai defunto marito ed approfittando della contemporanea morte della madre che non poteva più imporle un altro matrimonio, decide di prendere in mano il suo destino: far pace con il casato di York.
Apparentemente. Vuole entrare nelle grazie degli yorkisti e riuscire ad abbatterli dall’interno, ma per farlo deve trovare un uomo disposto a tradire e a seguirla nella sua causa; per puro interesse di lucro ovviamente. Da qui il terzo matrimonio con Lord Thomas Stanley.
Non è la prima scelta vagliata da Margaret. All’inizio pensa al migliore amico di re Edoardo, William Hastings, poi ad Anthony Woodville il fratello della regina Elisabetta, ma entrambi vengono scartati perché troppo leali. Poi pensa ad uno dei fratelli del re, entrambi ambiziosissimi a modo loro; tuttavia deve scartare Giorgio di Clarence (anche se perfetto in quanto aveva già tradito il fratello maggiore) perché già sposato con Isabella Neville. Resta solo l’altro fratello Riccardo di Gloucester.
Margaret è convinta di poter plagiare il giovane duca ventenne e spingerlo a tradire. Per fortuna le viene risparmiata l’umiliazione del rifiuto di Riccardo, visto che quando il suo messo giunge a corte per proporre il matrimonio, si scopre che lui ha già sposato segretamente Anna Neville.
A questo punto che fare? Dove trovare un uomo disposto a corrompere, tradire e mentire alla corte di re Edoardo? Il nome di Thomas Stanley le arriva in un battito di ciglia. Come le arriva? Pregando naturalmente. Perché è risaputo come Dio cerchi sempre di ispirare complotti e tradimenti mentre la gente prega.
Thomas Stanley è forse il personaggio più bello di questo romanzo. Non perché sia un personaggio positivo, affatto.
Semplicemente perché è costruito magnificamente.
Margaret si mette in contatto con lui tramite lettera dove palesemente gli spiega le ragioni del matrimonio, che ovviamente dovrà restare non consumato. Stanley viene scelto in quanto ha la fama di noto voltagabbana.
Mi spiego meglio. Ogni volta che Lancaster e York si scontrano, o comunque quando c’è una guerra fra due fazioni differenti lui ed il fratello William Stanley usano sempre la stessa strategia: il primo combatte per una fazione, il secondo per l’altra. In questo modo c’è sempre uno Stanley dalla parte del vincitore che possa intercedere per la salvezza del fratello perdente.
Thomas Stanley e il fratello grazie a questa strategia, si ritrovano alla corte di Edoardo IV di cui il primo riveste incarichi di un certo prestigio. In tanti anni l’han sempre fatta franca. Gli Stanley sono sempre dalla parte dei vincitori.
Neppure questa volta Lord Thomas si smentisce; accetta la proposta di Margaret per lettera ed i due si vedranno il giorno del matrimonio. È freddo ed insensibile tanto quanto lei, se non peggio.
All’inizio Margaret è tentata di avere con lui un VERO matrimonio dato che comunque è un bell’uomo, ma alla fine decide di rinunciare per amore del suo impegno divino.
Stanley dal canto suo non fa mistero di non provare alcun interesse per lei come donna ed è l’unico che ha veramente il coraggio di dirle in faccia che usa la fede, Dio e la religione per giustificare i suoi interessi personali. È un uomo totalmente concreto e disincantato, che non subisce minimamente il fascino mistico di Margaret e le sue velleità divine.
In altre parole la fa scendere dal piedistallo facendole capire che non è migliore di nessuno.
Margaret ovviamente che vive della propria ossessione, non darà mai la minima importanza alle parole del coniuge. Entrambi sono identici, solo che Stanley è decisamente più realista.
Questo nuovo marito introduce Margaret nel cuore della corte degli York, dove lei avrà l’arduo compito di entrare nelle simpatie della regina Elisabetta, e da subito questo duo si rivela identico al gatto e la volpe.
Io non so perché il matrimonio tra loro non abbia funzionato anche a livello emotivo. Ah giusto; essendo uguali, nessuno dei due ha un lato emotivo.
La coppia Stanley è ovunque; intriga, complotta, sa tutto di tutto, sempre sul pezzo. Margaret non poteva trovare alleato migliore di lui in effetti.
La congiura proseguirà anche dopo la morte improvvisa di re Edoardo quando il casato di York inizierà a sgretolarsi, ed i due si troveranno per forza di cose a tramare contro l’ultimo re York rimasto: Re Riccardo III, l’uomo che per poco non era diventato il terzo marito di Margaret (ma conoscendo il personaggio storico non credo proprio che lui l’avrebbe mai sposata).
La forza di Thomas Stanley sta nel fatto che riesce a tenere il piede in due staffe fino alla fine di questa storia, persino quando re Riccardo prenderà in ostaggio il figlio per costringerlo ad essere leale. Ma niente.
È una canaglia fatta e finita, ed il lettore non può fare a meno di sorridere all’idea che esista un uomo capace di mettere in difficoltà una donna come Margaret Beaufort, che spesso e volentieri sarà esasperata dall’incessante doppiogiochismo del consorte.
Alla fine Stanley mantiene la sua promessa (per il rotto della cuffia come nel suo stile) in quanto lui ed il fratello saranno determinanti nell’aiutare Enrico (il figlio di Margaret) a sconfiggere re Riccardo, visto che sarà proprio la spada di Stanley a tagliare la testa al re York, di spalle, a tradimento, ponendo per sempre fine alla dinastia reale dei Plantageneti.

Litografia settecentesca di Thomas stanley conte di Derby 

             

A livello storico Margaret Beaufort pare fece annullare il matrimonio con Stanley (dopo che questi e il fratello furono largamente ricompensati) perché non si sentì mai accettata dalla famiglia del marito. Chissà come mai.


Jasper Tudor 

ed Enrico Tudor

Margaret Beaufort amò pochissime persone nella sua vita all’infuori di se stessa. Suo cognato Jasper Tudor e suo figlio Enrico Tudor sono sicuramente sul podio.
Nel romanzo Margaret conosce Jasper appena arrivata nel Galles per sposare Edmund. Nota subito come i due fratelli siano l’uno l’ombra dell’altro e di come Jasper adori il fratello maggiore.
Durante il breve matrimonio con Edmund, Jasper lo si sente raramente parlare. Non s’intromette nonostante il modo squallido in cui il fratello tratta la moglie; perciò tutto lascia pensare che Jasper sia esattamente come Edmund e la pensi come lui.
Invece dopo la dipartita del fratellone, tutto cambia e viene fuori la vera personalità di quest’uomo, forse davvero eclissata da quella di Edmund. Jasper è l’unico che si preoccupa della gravidanza e del parto di Margaret, l’unico ad ascoltarla veramente, l’unico a comprendere la sua situazione.
Una situazione che però per quanto compresa, non può cambiare.
Alleva personalmente il nipotino Enrico che amerà per tutta la vita ed a cui dedicherà tutta la propria esistenza più come si farebbe per un figlio che per un nipote. Ovviamente ricambiato dal piccolo rampollo Tudor.
Jasper è un perfetto cavaliere, ed educa Enrico in maniera impeccabile con modi signorili, dato che comunque ambisce a renderlo un re. È uno zio sempre presente, molto affettuoso che si contrapporrà all’eternamente distante ed algida madre. Jasper insegna ad Enrico ad amare la madre più come una specie di santa, di figura protettrice evanescente, che come genitrice.
Jasper tuttavia non è esente da difetti: è esageratamente testardo, fissato sulle proprie convinzioni ed incapace di adattarsi alle circostanze.
È un ottimo amministratore per il Galles, un notevole guerriero e a differenza del fratello partecipa attivamente alla vita politica, almeno finché non saliranno al potere gli York.
È leale ai Lancaster oltre i limiti della ragionevolezza ed in un certo senso è l’unico personaggio a non essere mai stato un traditore. È l’unico che non cambia mai fazione dall’inizio alla fine della storia, nemmeno per finta, al contrario della cognata. Inoltre crede alle visioni di Margaret, insomma pensa davvero che lei sia una specie di santa. In questo si dimostra un uomo ancora profondamente calato nel contesto medievale.
Nel romanzo la Gregory inserisce una storia d’amore platonica fra Margaret e Jasper. Fra i due ci scapperà un bacio. Questo è il massimo che vedrete.


                                             Possibile ritratto di Jasper Tudor

Tuttavia la loro relazione resta per sempre in sospeso in quanto Margaret dal primo giorno che incontra Jasper sarà sempre legata ad altri uomini. Nella storia lui, Margaret ed Enrico creano una sorta di piccolo surrogato familiare, che li vede nettamente contrapposti all’infinita e numerosissima famiglia del casato di York.
Come se in qualche modo ci venisse riproposta una variante migliorata del nucleo lancastriano composto da re Enrico VI, la regina Margherita d’Angiò ed il loro figlio Edoardo.
Infatti come Enrico non è un vero marito ma più un compagno per Margherita, così Jasper sarà un alleato, un compagno ed un amico per Margaret. Il legame viscerale che lega la regina Margherita al figlio Edoardo è lo stesso che lega Margaret a suo figlio Enrico.
Questa storia d’amore personalmente l’ho trovata un po’forzata. Come se da parte dell’autrice ci fosse la volontà d’inserire necessariamente un elemento romantico in una storia dove di fatto non c’è nulla di tutto questo. Oppure più probabilmente è stata inserita al fine di rendere il personaggio di Margaret Beaufort un po’ più umano.
Storicamente non risulta da nessuna parte che i due avessero anche solo vagamente una simpatia di questo tipo, dato che quando Enrico finalmente divenne re, Margaret annullò il suo terzo matrimonio e prese i voti; mentre Jasper ironia della sorte venne maritato (per la prima volta in vita sua) con Katherine Woodville (la sorella più piccola della ex regina Elisabetta Woodville), ormai vedova del duca di Buckingham dato che era stato decapitato per tradimento da re Riccardo III.
Ritengo che Margaret Beaufort non fosse capace di provare interessi di tipo romantico. Era una ragazzina determinata a diventare suora (e già questo la dice lunga), in più viene maritata forzatamente a soli 12 anni. Possiamo chiamarlo come vogliamo, ma questa ragazza di fatto è stata vittima di uno stupro. Legale per quei tempi, ma sempre stupro.
Un trauma del genere di cui non poté mai parlare, né lamentarsi con nessuno, credo l’abbia inibita a vita. Quando morì, Margaret nonostante tecnicamente fosse la vedova di Lord Stafford, ordinò di essere seppellita accanto al primo marito, che nulla aveva mai rappresentato per lei.
Ritengo lo fece per rimarcare anche in morte il suo ruolo di matriarca dei Tudor e madre del primo re della dinastia, visto che non essendo mai stata sposata ad un sovrano non poteva essere seppellita come una regina, sorte invece che sarà riservata alle rivali Elisabetta Woodville ed Anna Neville.
Margaret se amò mai un uomo, quello fu solo il figlio Enrico.
Difficile stabilire concretamente questo complesso rapporto madre – figlio.
Di fatto Margaret ed Enrico non si vedranno né frequenteranno per quasi tutta la vicenda ma anzi, con la vittoria definitiva degli York a Tewkesbury, Enrico e lo zio Jasper fuggono in Bretagna, visto che rifiutano fino all’ultimo di sottomettersi agli York.
Margaret rivedrà il ragazzo più di dieci anni dopo. Resterà sempre la profonda ambiguità sul fatto che tale amore materno fosse pesantemente influenzato dalle aspettative di realizzazione che Margaret aveva riposto in lui.
Nel romanzo Margaret arriva a definire il figlio: “Una creatura solo mia, qualcosa che ho fatto io. Le fatiche di Edmund a letto contano ben poco”. Un filino inquietante.
Infatti per tutto il libro non senti mai Enrico dire ESPLICITAMENTE che vuole essere re, né fa qualcosa di sua iniziativa per farlo capire. Gli viene messo in testa dalla madre e dallo zio sin dalla nascita che quello è il suo destino e lui fidandosi ciecamente di loro, li segue. Punto.
Sarebbe stato interessante scoprire cosa avrebbe fatto Margaret nella sua vita se per qualche assurdo motivo il figlio fosse morto giovane o non fosse mai divenuto re. Ma questo non lo sapremo mai.
Enrico è l’unico figlio di Margaret che lei ha partorito a 13 anni in una scena che sinceramente si addice davvero ad un libro dell’orrore. Un parto terribile dove la ragazzina rischia la vita e prende la consapevolezza di vivere in un mondo dove le donne sono solo delle fattrici.
Per sua fortuna lo shock del parto in qualche modo inibirà la sua capacità di generare e non avrà più altri figli. Probabilmente fu la gravidanza esageratamente precoce a compromettere tutto.
Enrico almeno in questo libro mi piace molto come personaggio. È un bravo ragazzo, molto educato, vuol bene allo zio più di tutto, ed a causa della giovane età è spesso vittima di incertezze, fa davvero tenerezza.
         
Enrico VII d'Inghilterra il figlio di Margaret

                          
Purtroppo però ritengo che sia stato vittima delle esagerate (ma soprattutto esasperate) ambizioni dei suoi due tutori.
Abituato da sempre a non fidarsi di nessuno, ad essere sempre in pericolo, lui stesso è consapevole di essere salito al trono grazie al tradimento, pertanto temerà il tradimento per sempre.
Sarà un uomo che non avrà un attimo di pace; che non potrà mai godersi quello che ha conquistato; che sotto sotto sa di non essersi davvero meritato, visto che a fare tutto il lavoro sono stati la madre e lo zio.
Un uomo che non potrà mai fidarsi di nessuno e che vedrà solo nemici ovunque e dovunque per tutta la vita. In due parole: Un infelice.
Diventare re è servito decisamente più alla madre che al figlio.
Nei romanzi successivi assisteremo alla profonda degenerazione di questo personaggio, che finirà col diventare una brutta versione maschile della madre ma che qui è palesemente ancora troppo presto per vedere.

Re Enrico VII d'Inghilterra


Considerazioni 

finali

Alla luce di quanto scritto finora, mi congedo da voi con delle ultime considerazioni sul libro in questione:
Perché leggere questo libro: Se siete interessati a capire ed a comprendere le dinamiche della guerra delle due rose da un punto di vista sicuramente più leggero rispetto ad un romanzo di guerra, questa triade di romanzi fa per voi. Il libro scorre molto bene, nei punti giusti. Ci sono invece delle parti raccontate in modo molto più frettoloso ma vi è un valido motivo.
Poiché la Gregory ha deciso di raccontare la vicenda in tre libri e da tre focus diversi, non aveva senso dilatare delle parti dove Margaret Beaufort non era effettivamente presente, visto che questo libro ha solo il suo punto di vista. Infatti le parti frettolose sono tutte dinamiche che lei racconta per sentito dire, e che comunque verranno ampliate in modo molto più chiaro e dettagliato negli altri due libri.
I dettagli militari ci sono, ma vengono raccontati in modo sporadico, quindi non causano un rallentamento delle vicende e non annoiano.

Il messaggio: Mi piace pensare a questo libro come alla storia del trionfo della perseveranza più che della fede. Anche se di fatto siamo in pieno quattrocento, la religiosità medievale è ancora molto forte specie nei paesi cattolici.
Margaret porta il lettore in un mondo totalmente diverso dal nostro, dove veramente la vita delle persone era fortemente condizionata dalla religione e dai suoi precetti.
Non era affatto inusuale credere alle visioni (spesso causate da malattie e digiuni) o ai messaggi divini: emblematica è la scena dove Margaret assiste ad un’eclissi solare e l’interpreta come il segno che l’ultimo sole di York ossia re Riccardo III sarà presto annientato.
Addirittura vedrà l’eclisse oscura a forma di drago, il simbolo di suo figlio Enrico; e ho detto tutto.  
Tali precetti finivano poi inevitabilmente per scontrarsi con una realtà che distorceva la fede spirituale ad uso e consumo delle persone.
Anche la Beaufort cade in questa ambivalenza come abbiamo già constatato, col risultato che la sua più che fede sembra superstizione. Tuttavia a dimostrare che siamo agli albori del Rinascimento, non mancano personaggi come Stanley che hanno un modo decisamente più materiale e più realistico di vedere le cose.
La verità è che questo romanzo nel bene e nel male (anzi soprattutto nel male) non fa altro che raccontare la storia di una donna che non si è mai arresa. Una donna che ha lottato, ha aspettato, ha tramato ed ha vinto con tutti i mezzi che la vita le ha offerto. Una donna che come già detto non poteva rassegnarsi ad una vita di mediocrità e si è guadagnata il suo posto nella storia, che per nascita le sarebbe stato negato.

Consigliato e sconsigliato: se come Margaret siete amanti d’intrighi e complotti ben raccontati, e siete lontani da un focus politically correct affamato d’immagini disneyane, questo libro fa per voi. Ancora più vivamente lo consiglio alle persone che sono amanti come me dei romanzi che esplorano la psicologia dei personaggi coinvolti, perché davvero è un libro che fa riflettere molto su questo tema.
Lo sconsiglio vivamente se invece siete appassionate di storie d’amore anche tragiche (piacciono molto anche a me non crediate) perché in questo particolare manoscritto non ne troverete mezza. A parte il bacio tra Jasper e Margaret buttato lì tanto per fare scena, non troverete niente di veramente interessante.

P.S.: Debbo mio malgrado specificare una cosa. Sul retro del libro, dove viene raccontata la trama del romanzo, vi è un evidentissimo errore di traduzione (parlo dell’edizione italiana) dove viene detto che Margaret da bambina vede crollare i suoi sogni quando re Enrico VI rifiuta di sposarla.
A parte il fatto che non è assolutamente vero e che non è mai stato fatto un accordo matrimoniale del genere, Margaret non avrebbe mai potuto sposare re Enrico.
Primo perché era troppo vecchio rispetto a lei, ed ai monarchi dell’epoca occorreva avere un erede nel più breve tempo possibile. Pertanto non si poteva certo aspettare che Margaret crescesse.
Secondo, perché all’epoca Plantageneta era enormemente preferibile che il re d’Inghilterra così come il suo diretto erede, il principe di Galles, contraessero matrimonio con una principessa straniera, salvo circostanziali eccezioni.
In questo modo si otteneva di portare nelle casse dello Stato una considerevole somma di denaro in veste di dote nuziale, e si favoriva una determinata alleanza con un paese straniero.
Inoltre si evitava il conflitto d’interessi che la regina avrebbe potuto creare favorendo la propria famiglia d’origine, cosa impossibile se la donna proveniva da un paese straniero. Problema che infatti si verificò quando Elisabetta Woodville divenne la moglie di Re Edoardo IV.
Infine e mi dispiace doverlo dire (ma purtroppo è vero) re Enrico VI si convinse a sposare Margherita d’Angiò proprio perché aveva sentito parlare della notevole bellezza della donna (lo era in effetti). La sposò comunque anche se lei di fatto non portò alcuna dote nelle casse reali.
Margaret oltre a non portare particolari somme di denaro, per tutta l’esistenza non fu mai e dico mai considerata una bella donna. Da nessuno. Neanche da giovane. Infatti era la sua posizione sociale e dinastica a far gola, ma solo a uomini di un certo tipo e di un certo rango, che volevano avanzare nella linea di successione. Non certo per il re d’Inghilterra, che tra l'altro era un Lancaster come lei.
Discorso all’opposto valeva invece per i duchi reali, ossia i figli cadetti del sovrano, che dovevano invece sposare una nobile rampolla inglese proprio per rafforzare il legame dei nobili con la corona e generare possibili discendenti veramente inglesi, papabili eventualmente per una futura successione al trono.
Detto questo non mi resta che darvi un saluto ed augurarvi con gioia una piacevole lettura.
Autore MLG

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