Recensione: Una principessa per due re
Una
principessa
per
due re
La guerra delle due rose è finita.
Almeno apparentemente.
Enrico Tudor ormai divenuto re Enrico VII d'Inghilterra, uccidendo re Riccardo III pensa di aver finalmente vinto, di aver conquistato il trono.
Quello che non sa, come non lo sanno ancora sua madre e suo zio Jasper Tudor, che l'ostacolo appena superato, è solo il primo.
Il primo di una serie infinita che costerà loro tanto, tantissimo sudore.
Lo stesso sudore che le truppe mercenarie francesi del giovane Tudor hanno portato in terra inglese durante la sua invasione, generando così il terribile Sudor Anglicus (volgarmente: “morbo del sudore”), una malattia cento volte più terribile e pericolosa della peste:
“(…) è una nuova malattia. La chiamano la malattia del sudore, una nuova pestilenza che re Enrico ha attirato su di noi. Tutti dicono che il suo regno è iniziato con la morte e che non durerà. (…) dicono che è arrivato con il sudore e che faticherà a conservare il trono. È una malattia dei Tudor, l'ha portata con sé. È maledetto lo vociferano tutti.”
Ladies and gentlemen vi presento:
Philippa Gregory :
“Una principessa
per due re”
“Una principessa
per due re”
Struttura
del
romanzo
“Una principessa per due re” è il quinto romanzo dedicato alla guerra delle due rose scritto dell'autrice britannica Philippa Gregory.
Segue una sorta di filone generazionale, che lo collega ai libri “La signora dei fiumi” e “La regina della rosa bianca” dove le protagoniste erano Giacometta di Lussemburgo ed Elisabetta Woodville, rispettivamente la nonna e la madre della protagonista di questo romanzo: La principessa Elisabetta Plantageneta del casato di York.
La traduzione italiana è sempre a cura di Marina Deppish, che questa volta a mio modestissimo parere, ha dato una pessima resa del titolo originale.
Infatti il titolo inglese di questo libro è semplice, sobrio e di poche pretese: “The white princess” ossia “La principessa bianca”.
A parte il fatto che il titolo italico mi ricorda molto i romanzi Harmony, ha comunque il difetto di essere totalmente, completamente, indiscutibilmente ed incontrovertibilmente fuorviante.
Scordatevi le mie lamentele sulla resa italiana del romanzo “The kingmaker's daughter” alias "La futura regina". Qui non c'è proprio storia.
Quando acquistai il libro alla sua prima uscita, ricordo che impiegai qualche momento a rendermi conto che si trattava di un libro incentrato su Elisabetta di York.
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| Copertina italiana del romanzo. Casa editrice Sperling & Kupfer. |
Infatti appena lessi il titolo, dato che conoscevo il vissuto personale della protagonista, pensai subito abbastanza sgomenta: “E chi sarebbero questi due re che si sarebbero contesi l'amore di Elisabetta di York?”
Certo nei libri precedenti la Gregory aveva inserito il tanto disdicevole quanto falso gossip sulla relazione tra Elisabetta e lo zio re Riccardo III; tuttavia in ogni caso questi era morto prima che potesse nascere una qualunque contesa amorosa con il futuro marito della nipote, ossia re Enrico VII.
Questo titolo è ingannevole perché fa credere ad un lettore che narrerà la storia di una donna “contesa” da due re. Per motivi politici, sentimentali, patrimoniali. Quello che preferite ma comunque una contesa. Invece no. Assolutissimamente No.
Chi lo acquista aspettandosi una cosa del genere, prende una delusione allucinante. Dato che io ritengo estremamente importante il ruolo di un titolo per qualunque cosa (sia che si parli di articoli che di libri), mi dispiace ma questo è bocciato in pieno.
Io le denominazioni fuorvianti non le tollero proprio.
Avrei preferito mille volte una poco originale ma almeno più onesta traduzione in: “La principessa della rosa bianca” se si voleva mantenere una correlazione con il romanzo precedente “La regina della rosa bianca”.
Diversamente avrei anche accettato un titolo più simbolico, come ad esempio “La principessa della rosa”, che avrebbe creato una sorta di collegamento fra il suo essere una principessa York divenuta la moglie di esponente del casato di Lancaster.
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| Una delle copertine britanniche del romanzo |
Tutto questo per collegarlo sempre al discorso su un titolo italiano che non poteva rimanere identico all'originale, per via delle problematiche già riscontrate nel romanzo precedente. (Vedasi recensione sulla regina della rosa bianca).
Questo libro esattamente come quello che vedeva protagonista la madre di Elisabetta, è un romanzo psicologico.
Anzi lo è ancora di più perché qui tutta ma proprio tutta la vicenda è incentrata sulla psicologia della protagonista, sul suo mondo interiore che non troverà mai e dico mai spazio nella realtà che la circonda.
Se sua madre Elisabetta Woodville ad un certo punto per forza di cose era dovuta uscire dal suo guscio, aveva dovuto affrontare le proprie incertezze, le proprie paure e lottare anche a costo di perdere ogni cosa, qui tutto questo non succede. Elisabetta di York non la vedrete mai agire per tutto il romanzo.
O meglio ci prova anche a fare qualcosa, ma vive una realtà ed una situazione familiare che è totalmente diversa da quella che visse la genitrice; inoltre la nostra ha un carattere profondamente diverso dovuto al fatto che ha ricevuto un'educazione che rispecchia alla perfezione quella delle principesse medievali: sorridere, obbedire ed essere contenta mentre lo si fa.
Infatti tutta la narrazione segue l'esclusivissimo focus della principessa bianca, la quale per tutta la storia sarà lacerata dall'eterno conflitto interiore sulla lealtà da seguire: verso suo marito re Enrico VII, l'ex pretendente senza nome che ha letteralmente strappato la corona al cadavere di re Riccardo III oppure il legittimo re, il suo redivivo fratello Riccardo duca di York?
Conflitto che per quanto mi riguarda non è neanche esageratamente pertinente con il titolo italiano. Elisabetta non avrà mai la possibilità di scegliere chi appoggiare, pertanto potrà solo seguire la corrente della vita.
Lo stile narrativo rispecchia la protagonista, e questo mi è piaciuto molto; è uno stile rilassato ma che tuttavia esprime intimo cordoglio per l'impossibilità di reagire a ciò che le accade intorno.
Rispetto al romanzo sulla Woodville, qui la rilassatezza di carattere è leggermente meno percepita, e pur non essendoci del pathos esagerato, il dramma interiore della neo regina Tudor è evidentemente palpabile.
Lo stile esprime la sofferenza di chi deve subire un destino immutabile praticamente da sempre, che la porta ad una supina rassegnazione, ma mai ad una vera e profonda accettazione.
Elisabetta
di York
la
principessa
della
rosa
bianca
La figlia di re Edoardo IV e della regina Elisabetta Woodville ormai è cresciuta.
Elisabetta, la principessina che abbiamo visto nascere nel palazzo di Westminster l'11 Febbraio 1466, ha ormai superato i 19 anni ed assieme alle sorelline Cecilia, Anna, Caterina, Brigida ed i cuginetti Margherita ed Edward (Teddy) di Warwick, è una dei pochi Plantageneti di York ad essere sopravvissuti alla guerra della due rose.
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| Ritratto della regina Elisabetta di York |
Suo zio re Riccardo III l'ha ormai delegittimata (assieme alle sorelle) rendendola di fatto non una principessa, ma una bastarda reale. Ma il nuovo re, Enrico Tudor, ha bisogno del matrimonio yorkista per conservare il trono, dato che gli conferirebbe il sangue reale che lui non possiede e che sua madre, Margaret Beaufort, di certo non si può inventare.
Pertanto il neo re ha promesso di cancellare il Titulus Regius (creato dallo scomparso Riccardo) rendendo nuovamente lei e le sorelle delle principesse. Elisabetta ha finalmente l'opportunità di tornare ad essere ciò che era ed è sempre stata.
La ragazza è stata allevata ed educata come una principessa di sangue reale di puro stampo medievale: è riservata, sottomessa, poco incline alla discussione. E così resterà per tutta la vita.
Del resto, suo padre l'aveva fatta preparare allo scopo di diventare prima la moglie del nipote del conte di Warwick (George Neville) e poi addirittura la regina di Francia. Un ruolo che di fatto l'avrebbe sollevata da qualsivoglia peso politico.
All'inizio della vicenda Elisabetta non pare tanto in sintonia con il quadro politico e caratteriale che un lettore si aspetterebbe.
È si una ragazza abbastanza quieta e sottomessa, tuttavia per un interminabile numero di capitoli non fa altro che soffrire, lamentarsi, lagnarsi, piagnucolare (sempre e solo internamente ed intimamente) per la morte dello zio Riccardo, l'amante segreto tanto adorato.
Abbastanza strana quest'incapacità di rassegnarsi, per una ragazza abituata dalla nascita a sposarsi solo per l'interesse familiare e ad instaurare rapporti tendenzialmente anaffettivi.
Per giunta nei confronti di un uomo, che volere o volare ha frequentato per un anno scarso e con cui ha condiviso poco o nulla. L'uomo che oltretutto ha reso lei e le sorelle delle semplici ladies titolate, privandole della loro legittima identità.
Elisabetta viene quindi obbligata a sposare il pretendente Tudor e nonostante provi per lui un disprezzo ed un odio pressoché immediato, riesce a diventare sua moglie, la sua regina e la madre dei suoi figli.
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| Ritratto della regina Elisabetta di York |
In questo romanzo la coppia ne avrà sei: Arturo il principe di Galles, la principessa Margherita, il principe Enrico duca di York, la principessa Elisabetta (vive 3 anni e due mesi), la principessa Maria ed il principe Edmondo duca di Somerset (vive 1 anno e tre mesi).
Nei romanzi successivi (“Tre sorelle tre regine”, “Caterina la prima moglie” e “La maledizione del re”) nascerà l'ultima figlia della coppia, la principessa Caterina che vivrà soltanto una settimana. Elisabetta morirà di setticemia due giorni dopo la neonata, proprio al suo 37esimo compleanno.
Un tratto veramente distintivo di questo romanzo, specie se si ha una chiara conoscenza di quelli precedenti, non è tanto la vicenda in sé per sé che Elisabetta vive (su cui lei non ha potere né controllo),quanto la profonda evoluzione psicologica che caratterizza questo personaggio.
Elisabetta esattamente come la madre ma soprattutto la nonna Giacometta, attraversa un lunghissimo processo che la trasforma da ragazza a donna. In modo lento, impercettibile, ma di fatto inesorabile. Accade tutto senza che nemmeno se ne renda conto. Ecco perché apprezzo profondamente la costruzione di questo personaggio.
Come le sue antenate, Elisabetta ha un amore sconfinato nei confronti dei propri familiari.
Sa che dal suo matrimonio con Enrico, non dipende soltanto la propria sorte, ma anche quella delle sorelle, dei cugini e degli altri suoi congiunti.
I suoi timori sono soprattutto per il cugino Teddy, il figlio debole di mente lasciato da suo zio Giorgio duca di Clarence, su cui pesa l'orribile destino di essere l'ultimo erede maschio di York e la sua stessa madre, che i Tudor vorrebbero tanto vedere tre metri sotto terra.
Infatti quando Elisabetta intuisce come la genitrice stia complottando per riportare a casa suo fratello Riccardo che in precedenza aveva nascosto al sicuro nelle Fiandre, vorrebbe essere d'aiuto.
Tuttavia la Woodville prudentemente deciderà sempre di tenerla fuori da ogni questione circa questo proposito. Così faranno anche il fratellastro Thomas Grey e gli altri zii Woodville.
Elisabetta cercherà sempre d'intercedere per la sicurezza e la protezione dei suoi parenti, senza però mai tradire il marito; ma sarà del tutto inutile. Per Margaret Beaufort e figlio lei è e sarà sempre una principessa di York, una nemica che resterà sempre ed irrimediabilmente tale.
Pertanto la nostra protagonista non gode di nessuna considerazione, di fatto è una donna senza potere.
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| Lo stemma del casato di York: la rosa bianca |
Elisabetta possiede strascichi dei poteri divinatori della famiglia materna; con l'unica differenza che se la nonna Giacometta aveva potuto condividerli con entrambi i mariti e la madre aveva sempre avuto il silenzioso beneplacito di suo padre, lei non potrà mai farne cenno con nessuno. Solo con la Woodville fintanto che questa sarà in vita.
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| Elisabetta di York |
La principessa sente il canto funebre di Melusina che le annuncerà la morte della figlia omonima proprio come in passato le annunciò la morte del fratello Edoardo, dello zio Anthony e del fratellastro Richard Grey.
Teme profondamente la maledizione scagliata anni prima da lei e dalla madre contro l'assassino di suo fratello Edoardo:
“Sappiate che non vi è giustizia per il male che qualcuno ci ha fatto, per cui veniamo da voi, signora madre, e mettiamo nelle vostre oscure profondità questa maledizione: che a chiunque ci abbia portato via il nostro primogenito, voi portiate via il suo primogenito”
(Elisabetta Woodville “Una principessa per due re”)
All'epoca la ragazza non aveva certo potuto immaginare che quest'anatema avrebbe potuto ritorcersi sui suoi figli, sicura com'era che avrebbe sposato lo zio.
“Il nostro ragazzo ci è stato portato via che non era un uomo, che ancora non era re, sebbene fosse nato per diventare uomo e re. Prendetevi allora il figlio del suo assassino quando è ancora ragazzo, prima che diventi uomo, prima che diventi adulto. E poi prendetevi suo nipote, e quando lo avrete preso, quelle morti ci diranno che è opera della nostra maledizione e punizione per la morte di nostro figlio.”
(Elisabetta Woodville “Una principessa per due re”)
Elisabetta per tutto il libro ha una brutta sensazione (come anche la madre) circa il futuro di suo figlio Arturo, che però cercherà sempre a soffocare ed ignorare.
Tenterà comunque di avvertire Enrico e reverenda suocera. Ma niente. La Beaufort rimane salda nella sua menzogna, intimamente convinta che il Dio che prega ogni giorno, che le ha concesso di uccidere due infanti per portarla lì dove si trova, proteggerà i suoi eredi anche dalla stregoneria.
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| Ritratto di Elisabetta di York |
La protagonista avrà anche una visione alla nascita della figlia omonima, dove vede una magnifica regina dai capelli rosso fuoco, rispondente al nome di Elisabetta Tudor.
Penserà erroneamente che si tratti proprio della figlia. La nostra principessa bianca non immagina neppure lontanamente di aver intravisto il destino della sua futura nipote.
Elisabetta per i suoi bambini sarà più simile ad una Madonnina che ad una genitrice. La suocera le porta via i figli appena li mette al mondo, al fine di assicurarsi che crescano come dei Tudor e non come degli York. Pertanto la donna li vedrà di rado.
Adora il figlio Arturo, la sua gioia, il suo orgoglio. L'amore per questo ragazzo la porta a sopportare un matrimonio insopportabile e ad essere un'evanescente sostenitrice per gli York.
Della figlia Margherita parla molto poco, anche se madre e figlia sono davvero poco in sintonia visto che la ragazzina caratterialmente è troppo simile alla Beaufort.
Il figlio Enrico benché somigli vagamente a suo padre re Edoardo, non lo adora.Vede in lui la vanagloria dei Tudor, pertanto Elisabetta considerandolo solo un figlio di scorta per giunta destinato (dal padre) al sacerdozio, commette l'imperdonabile errore di viziarlo troppo.
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| Busto del piccolo principe Enrico, duca di York a 4 anni. |
Dopo la morte della figlia Elisabetta, tanto amata e voluta, ripiegherà questo grande amore sulla neonata figlia Maria, coccolandola fino all'inverosimile.
Per Edmondo non avrà un grande affetto perché sente che c'è un brutto destino per lui. Infatti.
Come già detto poc'anzi, il romanzo comincia con lei che ha poco più di 19 anni e termina con lei che non è ancora 35enne.
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| Maschera funebre di Elisabetta di York. Fu creata post mortem. |
La narrazione ruota moltissimo attorno al suo matrimonio con Enrico Tudor, l'odiatissimo nemico.
Questa all'inizio lo vive con la stessa sublime indifferenza della nonna Giacometta al suo primo matrimonio, ma di fatto ogni notte piange per Riccardo.
Enrico la tratta molto male, è freddo, acido, sarcastico e caustico.
Ora le rinfaccia la passata relazione con lo zio, ora l'amore per la famiglia d'origine, ora l'essere una York, ora il padre donnaiolo e la madre mezza strega.
Non si fida di lei e non la percepirà mai né come sua moglie né come una regina Tudor.
In tutto il romanzo vediamo come Elisabetta nonostante l'inizio di questo matrimonio davvero terrificante, riuscirà ad apprezzare ed amare Enrico, nonostante il carattere semplicemente pessimo di lui e l'apertissima ostilità della Beaufort.
Diventa una donna di semplice dignità che impara a sopravvivere in perfetta solitudine in una corte dove né la suocera né il marito le permettono di avere qualsivoglia forma di potere, obbligandola a rimanere di fatto sempre separata dalla madre e dalla famiglia d'origine.
Il lato umano della nostra protagonista è magnificato dall'impressionante realismo del suo rapporto con il consorte; hanno due caratteri completamente diversi ed inconciliabili, ed appena lei impara ad apprezzarlo, lui riesce quasi subito a rompere l'incantesimo, facendo qualcosa di assolutamente becero e miserabile.
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| Ritratto di Elisabetta di York |
Riflette alla perfezione quei rapporti obbligati, forzati, dove lei in una versione più soft della sindrome di Stoccolma, cerca disperatamente di trovare dei lati positivi nell'uomo che ha accanto per auto convincersi di amarlo.
Solo che poi puntualmente accade qualcosa che la riporta nella dura realtà di un'unione fallimentare. Ma lei ci prova e ci riprova. Perché la sua sopravvivenza mentale dipende da questo: lei deve accettare questo matrimonio, a tutti i costi e fino alla fine.
La stessa sopravvivenza mentale che ha dovuto tirar fuori a 4 anni nei sei mesi trascorsi rinchiusa nell'abbazia di Westminster per salvarsi dai Lancaster e che ritrovò a 17 anni nei nove mesi rinchiusa nel medesimo luogo per salvarsi dallo zio Riccardo; traumi ancora molto pesanti, che le causano pesanti attacchi di claustrofobia.
(Altro elemento d'incredibile realismo del personaggio)
Nonostante non sia e non possa essere forte e determinata come lo sono state la nonna e la madre, devo dire che Elisabetta dimostra una regalità davvero fuori dal comune.
Sopporta la cattiveria e la prepotenza della suocera senza mai lamentarsi (tanto non servirebbe a niente) ma soprattutto rispondendole sempre a tono, gelandola. Ci sarà un'occasione dove verbalmente la distruggerà completamente.
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| Elisabetta di York |
Sopporta un matrimonio con un uomo che lei non potrebbe mai amare, riuscendo ad apprezzarlo e a non parlarne mai negativamente, con nessuno (tranne con se stessa ovviamente).
Riesce a vivere in una corte dove viene spiata dalla mattina alla sera (dalla suocera e dal marito) senza avere mai la tentazione di tradirli a favore del proprio casato. Lei usa la scusa dei figli, per giustificare con Enrico la sua fedeltà ai Tudor, ma la verità è che Elisabetta a lungo andare si lega a loro anche psicologicamente.
D'altronde è pienamente consapevole che passare da essere la regina dei Tudor ad una semplice principessa di York come le sorelle, non è che sia propriamente il massimo. Elisabetta infatti possiede una puntina di ambizione, anche se la tiene ben nascosta. Le piace di più l'idea di essere la moglie del re che la sorella del re, anche se è bravissima a non farlo intendere davanti alla madre.
Sopporta il marito che deliberatamente ucciderà prima suo cugino (il povero ed innocente Teddy) ed alla fine anche l'adorato fratello Riccardo che oltretutto non le sarà mai permesso di riconoscere, di riabbracciare e nemmeno di poter piangere pubblicamente.
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| Immgine di Elisabetta di York |
Non indietreggia mai di fronte alle continue minacce che riceve dalla famiglia acquisita e non cerca mai di coinvolgere i figli in queste beghe. Infatti non si lamenta mai e nemmeno sminuisce il padre davanti ai figli.
Una vera e propria roccia. Matura un vero carattere granitico e ben determinato a sopportare l'impossibile. Riuscendoci oltretutto.
Quando si troverà di fronte un'incolpevole rivale, che (costretta) diventa l'amante di suo marito, non solo non la biasima (pur scoprendosi gelosa) ma si rende conto, chiedendo poi perdono, di tutto il male che ha fatto alla povera regina Anna Neville. Quando da ragazza si era crudelmente divertita a portarle via suo marito Riccardo.
Si rende conto della propria sconfinata e giovanile cattiveria, del gusto perverso che provava a sentirsi e vedersi più bella di lei e ad essere superiore alla povera regina in ogni cosa.
Ora non pensa più a Riccardo; pensa ad Anna. Al male che le ha fatto e che lei da parte sua, aveva sempre sopportato con regale dignità, nonostante nel suo cuore avesse anche un figlio per cui piangere.
Questo per quanto mi riguarda, è stato il vero zenit dell'evoluzione caratteriale di Elisabetta Plantageneta la principessa della rosa bianca.
Finalmente è diventata una vera donna. La regina che era davvero destinata ad essere.
Una potenza finalmente divenuta atto (cit. Aristotele).
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| Immagine settecentesca di Elisabetta di York |
Enrico VII
d'Inghilterra:
il traditore
divenuto
il re
che temeva
i traditori
Avevamo lasciato Enrico Tudor nel romanzo “La regina della rosa rossa” che aveva come protagonista sua madre.
Qui lo ritroviamo dopo la battaglia di Bosworth all'età di 28 anni. Ha detronizzato re Riccardo III grazie al suo esercito mercenario ed al piccolo manipolo di traditori composto dal conte di Oxford, il patrigno Thomas Stanley e il di lui fratello William.
Molto poco per cominciare un regno, ma per i Tudor a quanto pare è abbastanza.
Enrico VII è uno dei personaggi che assieme alla moglie Elisabetta di York, è sicuramente il meglio caratterizzato in assoluto.
Anzi posso dire senz'ombra di dubbio che l'intero romanzo sia totalmente incentrato su questi due personaggi, il loro mondo ed il loro io interiore.
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| Ritratto di re Enrico VII d'Inghilterra |
Se da una parte abbiamo modo di osservare come nel bene e nel male Elisabetta abbia una sorta di maturazione psicologica che la trasforma da principessa York a regina Tudor, lo stesso non si può affatto dire di lui.
Se la moglie progredisce, il marito invece regredisce.
Se nel romanzo che aveva per protagonista la regina rossa, Enrico tutto sommato ispirava simpatia se non altro per il fatto di avere una madre come Margaret Beaufort, qui tutta l'empatia del lettore va bellamente a farsi benedire, visto che il ragazzo non migliora con l'età ma esattamente l'opposto.
Enrico si fa consigliare sempre e solo dalla madre ed ascolta solo lo zio Jasper che comunque ormai è davvero troppo vecchio e troppo stanco per continuare a lottare.
Il secondo infatti non lo sentiamo mai parlare, ma combatterà sempre in prima linea nelle guerre di ribellione, finché stremato non si metterà a letto solo per poter morire in santa pace.
Al contrario Margaret Beaufort ora che è salita al potere, riacquista un nuovo vigore che la rende ancora più pericolosa di prima.
Enrico per gratitudine ricompensa gli Stanley e i pochissimi nobili che lo avevano appoggiato durante l'esilio in Bretagna, ma di fatto pende dalle labbra dei due congiunti e non ritorna mai sui passi da loro indicati.
Pertanto il suo rapporto con la moglie è pesantemente inquinato da questa ingombrantissima presenza e si può dire il matrimonio oscillerà costantemente sul filo del rasoio.
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| Maschera funebre di re Enrico VII |
Enrico appena divenuto re cerca subito di sfuggire alla promessa matrimoniale con Elisabetta, visto che comunque non vuole venire forzato ad un matrimonio yorkista. Tuttavia quando comprende che si tratta del prezzo da pagare per ottenere il sangue reale che non possiede e l'appoggio del Parlamento, è costretto a cedere.
Piccolo appunto circa il paragrafo /L'improponibile incesto/ della mia recensione “La regina della rosa bianca”:
Il fatto che appena divenuto re, Enrico cercò di sfuggire alla promessa di matrimonio con Elisabetta è un dato certo. Tuttavia proprio alla luce di questo, è facilmente dimostrabile come la relazione della principessa con lo zio fosse palesemente falsa e tendenziosa.
Se davvero ci fosse stata una promessa di matrimonio tra loro, Enrico avrebbe potuto facilmente ripudiare Elisabetta ed intimarla a ritirarsi in convento nel ruolo di vedova (le promesse matrimoniali contavano come un contratto matrimoniale vero e proprio).
Se invece ci fosse stata soltanto una relazione “non ufficiale”, ancora meglio.
Lui avrebbe potuto mandare Elisabetta in un convento di clausura con tanto di damnatio memoriae e risposarsi con un'altra donna. Ne sarebbe uscito senza nessun problema. Lui e la sua veneranda signora madre.
In entrambi i casi descritti se il Parlamento l'avesse comunque obbligato a mantenere l'alleanza yorkista, gli sarebbe bastato convolare a nozze con la principessa Cecilia di York.
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| Ritratto di re Enrico VII |
La monacazione di Elisabetta avrebbe garantito l'assenza di eredi di quest'ultima.
Tutto questo chiaramente non è mai successo perché la relazione incestuosa tra zio e nipote semplicemente non è mai esistita.
Se Enrico e mammina avessero avuto anche solo mezza possibilità di uscire senza macchia dall'odiatissimo fidanzamento, l'avrebbero fatto eccome.
Qualunque cosa pur di gettar fango sul casato di York senza fare assolutamente nulla. Se ciò non accadde è semplicemente perché la relazione zio/nipote è falsa.
Nel romanzo Enrico sa perfettamente che Elisabetta ha già avuto una passata relazione con Riccardo ma decide ugualmente di andare avanti con il matrimonio per il semplice motivo che vuole tenersi più porte aperte.
Mi spiego meglio. Madre e figlio architettano il diabolico piano (nel romanzo sia chiaro) di fare in modo che Enrico ed Elisabetta si “conoscano intimamente” prima delle nozze.
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| Enrico VII |
Enrico vuole essere certo che Elisabetta possa concepire, e se ciò non accadrà entro due mesi, lui la ripudierà per sposare Cecilia, poi Anna fino a girarsi tutte le principesse di York finché non troverà la giumenta buona.
Elisabetta per sua fortuna concepisce subito e lui la sposa quando ha la certezza della gravidanza. Infatti nel romanzo (come nella realtà) il principe Arturo nasce di otto mesi.
Tuttavia anche se Enrico sposa Elisabetta subito dopo la certezza della gravidanza, non la farà incoronare regina se non dopo la nascita ed il battesimo di Arturo. Perché? Perché se la moglie fossa morta di parto, lui per rimedio, avrebbe sposato Cecilia.
Inutile dire che tutte queste trovate da genio del male sono opera della Beaufort che mentre le elabora è convinta che sia Dio a suggerirgliele. Ma dato che avete già letto la mia recensione sulla regina della rosa rossa, ormai sapete meglio di me con chi abbiamo a che fare.
Dopo la nascita del principe di Galles tanto desiderato e per giunta al primo tentativo, ad Enrico non resta altro che far incoronare Elisabetta e maritare le sorelle della moglie con i partiti giusti (per lui) dato che ormai “le York di scorta” non gli servono più.
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| Ritratto di re Enrico VII Tudor |
A proposito dell'incoronazione. Storicamente parlando, il Parlamento chiese a gran voce un'incoronazione congiunta.
Enrico furibondo per il fatto che la gente associasse la propria ascesa al trono al matrimonio con la principessa di York, decise di farsi incoronare da solo, mentre Elisabetta dovette appunto attendere la nascita ed il battesimo di Arturo.
Son convinta che se il bambino fosse stato una femmina, avrebbe trovato il modo di ritardare l'incoronazione della moglie fino alla nascita del figlio maschio.
Il figlio primogenito della coppia viene chiamato così perché Enrico e reverenda madre s'inventano di sana pianta una diretta discendenza dei Tudor da Arturo di Pendragon (sarebbe re Artù di Camelot). Ingaggeranno persino uno squadrone di genealogisti per dare più credito alla loro menzogna.
Con i figli Enrico è un padre lunatico, letteralmente a quarti d'ora. Prima affettuoso, poi freddo, a seconda delle giornate. Adora Arturo il suo successore e da importanza ad Enrico solo in quanto “erede di scorta”. Verso le figlie femmine è totalmente assente. Le vede come delle pedine politiche e nulla più.
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| Busto di Enrico VII |
La sua giustificazione per questa sua totale freddezza emotiva, sarà la cronica stanchezza di dover rendere sempre sicuro il trono e l'eredità dei figli.
Fa davvero ridere quando lo vediamo lamentarsi di aver combattuto due e sottolineo due battaglie per conservare il trono (fino a quel punto del libro), atteggiandosi a uomo esausto. Come si vede che non ha neppure una vaga idea di come effettivamente si conservi un trono.
È evidentissimo come non abbia alcuna conoscenza di cosa abbiano dovuto sopportare la regina Margherita d'Angiò, re Edoardo IV e re Riccardo III per mantenere ciò che avevano.
Nelle battaglie Enrico non si espone mai in prima linea ma rimane sempre nascosto nella retroguardia. Non rischia mai di persona e non si appoggia mai a soldati inglesi, preferisce prosciugarli di tasse per pagare dei soldati mercenari.
Vi lascio immaginare la bellissima impressione che questo suo atteggiamento avrà sui sudditi.
Comunque come dicevamo, il nostro neo re che è diventato tale grazie ad un manipolo di traditori, con il tempo scoprirà suo malgrado che il tradimento in quanto tale, sarà la peggior arma a doppio taglio che si possa maneggiare.
Enrico infatti non sarà mai sicuro nel suo regno. Mai.
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| Ritratto di re Enrico VII |
Le rivolte popolari, i simulatori che si spacciano per i redivivi principi della Torre (o il loro cugino Edward di Warwick), i nobili filo yorkisti, le potenze straniere che lo riconoscono come un semplice usurpatore costelleranno un periodo di tempo pressoché infinito del suo regno.
Su Enrico pesa l'eterno confronto con il suocero, re Edoardo IV. Un confronto da cui è destinato ad essere perennemente sconfitto.
Non ha la bellezza, non ha il fascino, non ha la spudorataggine, la limpida sicurezza di un uomo che è sempre stato amato e che il mondo gli doveva un trono.
Nel suo io sa di non essere niente di tutto ciò e reagisce come la madre gli consiglia di fare; ovunque vada a seconda della gravità dei reati commessi dai traditori, elargisce punizioni. A volte son condanne a morte, a volte squartamenti sulla pubblica piazza, a volte debiti a vita che finiscono per impoverire tutti coloro che incontra.
Alla lunga finirà per rimanere schiavo di questi metodi barbari.
Elisabetta da parte sua ha la grave colpa di non cercare mai di “lenire” le sue insicurezze, anzi lo fa davvero raramente, senza mai sforzarsi troppo.
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| Statua di cera ritraente re Enrico VII |
Infatti Enrico è molto attratto dalla moglie, ed in qualche modo cerca anche di conquistarla, almeno all'inizio. Le racconta sempre della sua giornata, cerca consigli (o meglio farsi dire come si sarebbe comportato il suocero in quella specifica situazione) cerca la sua compagnia.
Il problema è che all'inizio lei è ancora in silente lutto per Riccardo e dopo lui interpreta il riservatissimo carattere della moglie come un tradimento nei suoi confronti. Pur senza avere uno straccio di prova in mano. Ovviamente le meravigliose parole della madre volte a non perdere il controllo sul figlio faranno il resto.
Tanto per darvi un'idea, durante il regno di Enrico VII gli appartamenti della regina li avrà la madre, non la moglie. La scusante sarà di aver bisogno dei suoi consigli in qualunque momento della giornata, ma la verità è che è solo un enorme sgarbo verso la consorte.
Elisabetta da parte sua non si sforzerà mai per cercare di cambiare le cose, nemmeno gradualmente. La sua sembra quasi pigrizia.
Tutto questo porta come risultato che Enrico ha un carattere completamente lunatico che lei non è assolutamente in grado di gestire.
Ogni cosa detta da Elisabetta, viene da lui interpretata come una velata condanna, una sarcastica critica, un rimproverargli che non sarà mai all'altezza dell'affascinante famiglia York. Lui reagisce con furia e lei nemmeno si prende la briga di rincuorarlo.
A quel punto non sentendosi né amato né veramente apprezzato, non riesce ad interagire con lei se non a suon di minacce. Ogni volta che teme il tradimento della donna (tutto nella sua testa) reagisce così.
Questa sarà l'unica e sola costante di questo matrimonio.
Elisabetta in un dialogo durissimo ma molto cristallino, rinfaccia alla Beaufort di aver trasformato il figlio in un mostro che non comprende l'amore e non sa darlo; in quanto lei per prima non è mai stata capace di dargliene, visto che lui era soltanto il trampolino della sua ambizione.
La Beaufort reagirà strillando e negando come un tacchino strozzato. La verità fa sempre molto male.
L'inesauribile
fiumana
filo
yorkista
La schiera è infinita. Ed Enrico e signora madre dovranno affrontarli tutti, uno per uno, se vorranno mantenere il trono tanto desiderato.
Elisabetta Woodville
la regina vedova:
la regina vedova:
Probabilmente sarà l'avversaria più temuta dai nuovi regnanti. Grazie all'unione di Enrico Tudor con la figlia, riesce a riottenere la legittimazione del suo matrimonio con re Edoardo IV e la riqualificazione dello status reale dei figli. Nonché il ritorno a corte dell'unico figlio maschio che le è rimasto (ufficialmente) Thomas Grey, tenuto prigioniero in Bretagna dallo stesso Enrico proprio a causa della sua tiepida lealtà. Inoltre proprio in quanto madre della regina, il genero e la consuocera non potranno mai danneggiarla quanto vorrebbero.
Non tanto per rispetto nei confronti di Elisabetta di York, (anche se Enrico all'inizio dice di non farla condannare per tradimento solo per questo) quanto per non dare pubblicamente l'impressione di essere una famiglia disunita e dare adito a nuove congiure.
Nel libro Elisabetta Woodville è cambiata rispetto a come l'avevamo lasciata nel romanzo “La regina della rosa bianca”. È eterea, ridente, leggiadra e leggera come spuma. Ha ottenuto ciò che voleva e sa che suo figlio Riccardo è in salvo. Il senso di colpa per aver perso il figlio Edoardo non l'abbandona mai, ma sembra aver finalmente fatto pace con se stessa. Si diverte a torturare psicologicamente Margaret Beaufort con ambigue affermazioni sul fatto che i suoi figli (i principi della Torre) potrebbero essere ancora vivi.
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| Elisabetta Woodville, la regina vedova |
Scopriamo nel romanzo che sta aiutando finanziariamente il figlio Riccardo per combattere ed abbattere i Tudor proprio con i soldi del mantenimento concessigli dal genero. Enrico grazie alle sue spie tutto questo lo sa benissimo; ma potrà solo relegarla in una abbazia, in apparente ritiro spirituale. Eppure anche lì la regina bianca continua a vivere servita e riverita ed i suoi piani complottisti procederanno sempre a gonfie vele.
Nei confronti della figlia maggiore ha un atteggiamento abbastanza snervante: non le dice niente di niente, parla con la figlia a mezza bocca oppure non le risponde proprio. Il tutto accompagnato da sorrisetti irritanti e canzonatori tipici di chi la sa davvero lunga.
La sua giustificazione nei confronti della figlia sarà il fatto che solo tenendola completamente all'oscuro di tutto potrà far si che lei non sia mai tentata di tradire né i Tudor (di cui lei ormai fa parte) né il fratello. Un po'debole come giustificazione sinceramente.
Ad ogni modo tutti i suoi comportamenti convergono in un unico denominatore comune: la Woodville dovendo scegliere tra il figlio e la figlia, ha scelto il primo.
Non le importa molto se questo suo modo di comportarsi mette in crisi la primogenita, che da parte sua non sa cosa fare e si trova sempre in situazioni pesantissime con il marito e la suocera. Perché non dimentichiamolo, madre e figlia sono sorvegliate continuamente da spie, quindi ogni volta che Elisabetta vede la madre passa per traditrice o pseudo tale. Anche se non sa mai nulla. Ma tanto nessuno le crede.
L'unica utilità della regina vedova sarà quella di aiutare la figlia a partorire i nipoti Arturo e Margherita con una tecnica molto simile all'ipnosi. Per il resto crea solo problemi.
Quando morirà, Elisabetta deciderà di chiamare la figlia appena nata con il suo nome. Tuttavia la nostra ex regina non avrà la soddisfazione di rivedere e riconoscere il figlio Riccardo per l'ultima volta.
Nel romanzo viene sbandierata un po' troppo spesso quanto la Woodville sia amata dalla gente che incontra e quanto sia una gran signora. Sinceramente l'ho trovato un po' forzato visto che quando sul trono c'era suo figlio re Edoardo V nessuno aveva mosso un dito per aiutarla e le avevano pure preferito i cognati Riccardo ed Anna. Certo è passato diverso tempo da allora, ma mica decenni.
Margherita di York
la zia dei pretendenti:
la zia dei pretendenti:
“La zia dei pretendenti” così viene definita in Europa.
Dopo la morte del fratello re Riccardo III che evidentemente le creava qualche scrupolo di coscienza, la duchessa è diventata una potentissima nemica dei Tudor.
Grazie alla sua influenza riesce a reclutare costantemente soldi, uomini e denaro per combattere i nuovi reali e per sostenere sia Simnel che Warbeck.
Sarà lei a riconoscere ufficialmente Perkin Warbeck come suo nipote il principe Riccardo, e sarà sempre lei a trovargli alleati in tutta Europa. Margherita è potente ed infaticabile, determinata a ripristinare il casato di York in Inghilterra.
Ma la donna combatte contro un destino già scritto e contro i Tudor che sono di una crudeltà che mai si sarebbe immaginata.
Le principesse di York
le esauste fedelissime:
le esauste fedelissime:
Sono Cecilia, Anna, Caterina e Brigida le sorelle minori di Elisabetta. In realtà pur essendo principesse di York non sono traditrici. Soprattutto Cecilia. Esattamente come la sorella maggiore hanno patito le persecuzioni e la prigionia, e adesso vorrebbero solo la pace.
Cecilia infatti passa dalla parte dei Tudor, diventando la figlioccia di Margaret Beaufort e sposando il di lei fratellastro: il visconte John Welles.
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| Immagine di Cecilia di York |
Cecilia soffre molto della rivalità con Elisabetta nonostante si senta migliore di lei in tutto e nessuno glie lo riconosca. La Beaufort cerca sempre di mettere le due sorelle l'una contro l'altra.
Ad ogni modo dopo il matrimonio si rilassa, troppo presa dai suoi problemi quali la morte della figlia e poi del marito.
Anna e Caterina invece sposeranno rispettivamente Thomas Howard e William Courtenay alleati dei Tudor. Sulle due principesse pesa l'ingrato compito di mantenerli fedeli a tutti i costi alla nuova famiglia reale.
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| Immagine di Anna di York |
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| Immagine di Caterina di York |
Brigida invece andrà in convento e prenderà i voti.
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| Immagine di Brigida di York |
Ad ogni modo tutte e quattro osservano passive l'andamento delle ribellioni contro i Tudor consapevoli che il loro appartenere al casato di York, questa volta le salverà.
Thomas Grey
l'ambiguo cognato:
l'ambiguo cognato:
Assieme allo zio Edward Woodville è il miglior attore del romanzo. Rimane prigioniero di Enrico in Bretagna per diversi mesi dato che la sua lealtà era sempre stata tiepidissima nei loro confronti. Dopo il ritorno in Inghilterra riesce abilmente a tenere il piede in due scarpe.
Apparentemente appoggia la sorellastra ed il cognato, dall'altra aiuta la madre a rimettere il fratellastro Riccardo sul trono.
Edward Woodville
lo zio voltagabbana:
lo zio voltagabbana:
E' uno dei fratelli di Elisabetta Woodville ed è il re dei doppiogiochisti. Riesce ad essere un voltagabbana migliore degli Stanley il che è tutto dire. Riesce a conquistarsi appieno la fiducia di Enrico e a lavorare contemporaneamente per lui e per la Woodville, proteggendo il nipote Riccardo all'estero nascosto sotto falsa identità. Sarà talmente bravo che i Tudor non riusciranno mai a beccarlo. Verrà sconfitto solo dalla morte per vecchiaia. Da una parte è meglio, così non potrà vedere l'orribile fine fatta dal nipote che si era dato tanta pena di salvare.
Margaret di York
(Maggie)
l'adorata cugina:
(Maggie)
l'adorata cugina:
È la cugina di Elisabetta. Una York. È la figlia lasciata da Giorgio duca di Clarence ed Isabella Neville. È sicuramente una delle figure più tragiche di questo libro.
Rimasta orfana dei genitori a soli 3 anni, ha perso anche gli zii nonché suoi tutori a 10. Su di lei pesa la responsabilità nei confronti del fratellino Edward (Teddy) l'ultimo erede maschio (così pensa lei) del casato. Vorrebbe portarlo al sicuro, ma grazie all'infinita benevolenza di chi si era sempre occupato di loro, non ha un soldo per corrompere qualcuno.
Cerca di proteggere il fratellino insegnandogli per filo e per segno a compiacere i Tudor nonostante il piccolo sia lusingato dalle persone che lo definiscono “re”.
Il pericolo rappresentato da questo ragazzino farà si che venga rinchiuso nella Torre a vita, uscendone solo per morire.
Lei nel frattempo è stata maritata ad un nipote di Margaret Beaufort, Sir Richard Pole. Come le cugine York, Maggie è fedele solo perché stufa di avere problemi. Nonostante sia felice con il marito, su di lei pesa il rimorso e la sofferenza di aver anteposto la propria felicità all'amore per Teddy, il fratellino che non aveva potuto salvare.
Edward Plantagenet
conte
di Warwick (Teddy)
conte
di Warwick (Teddy)
il cugino con un orribile destino:
È il fratellino di Maggie, l'ultimo maschio York, il cugino di Elisabetta. Riccardo III l'aveva nominato suo erede solo per una supplica della moglie Anna. Tuttavia dopo la di lei dipartita l'uomo aveva optato per il nipote John De la Pole, il figlio della sorella Elisabetta di York duchessa di Suffolk.
Teddy è nato con un palese ritardo mentale, pertanto non può certo rappresentare una minaccia per il trono. Il problema però resta il suo nome. Un nome potente, pesante, che ispira tradimento (verso i Tudor) in chiunque potrebbe averci a che fare. Il fatto di non possedere una personalità propria, lo rende un'esca ancora più golosa per un possibile manipolatore.
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| Interpretazione postuma di Edward conte di Warwick |
Enrico e mammina questo lo sanno e quindi cercando di nasconderlo ad Elisabetta, lo rinchiudono nella Torre a soli 11 anni. All'inizio avrà dei libri e dei precettori, poi viene lasciato lì a pascere come un animale.
A seconda dell'umore di Enrico solo Maggie avrà saltuariamente il permesso di andarlo a trovare, constatando come il fratello stia addirittura perdendo l'uso della parola.
Enrico in realtà aveva da sempre avuto intenzione di ucciderlo, ma gli mancava una scusa. Una valida motivazione che lo rendesse immacolato agli occhi della pubblica opinione.
Alla fine dopo 13 anni di prigionia riuscirà a procacciarsi questa motivazione e Teddy verrà ucciso a soli 24 anni (decapitato) senza nemmeno rendersi conto che stava andando a morire.
La famiglia De la Pole
gli eredi mancati:
gli eredi mancati:
Sono i figli maschi di Elisabetta di York (la sorella di Edoardo IV e Riccardo III) e di suo marito John De la Pole duca di Suffolk. Il primogenito John venne nominato erede da Riccardo III al posto di Teddy ed appare subito strano nel romanzo come questi rinuncino ai diritti ereditari per servire e riverire i Tudor.
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| Statua funeraria di John De la Pole, duca di Suffolk |
Infatti non passa molto tempo quando alle prime avvisaglie di rivolta i De la Pole spariscono dalla circolazione e si schierano con gli York. Enrico dovrà affrontare tutti i ragazzi De la Pole ed ucciderli uno per uno, al fine di conservare il trono.
I fratelli Stafford
i soliti traditori:
i soliti traditori:
Due nobili della vecchia guardia, sostenitori del casato di York solo per il fatto che nella vecchia concezione dinastica i Tudor non possono passare avanti a dei diretti discendenti dei Plantageneti.
Enrico violerà il diritto d'asilo per uccidere Humprey Stafford ma risparmierà il fratello Thomas, per monito. Probabilmente se avessero vinto gli York avrebbero tradito anche loro, dato che gli Stafford si comportano cosi' ormai da generazioni.
Francis Lovell
l'amico inconsolabile:
l'amico inconsolabile:
Caro amico e compagno di battaglia di re Riccardo, è incapace di rassegnarsi all'avvento dei Tudor. Viene ucciso in battaglia, anzi, disperso nel fiume insieme al suo cavallo.
Thomas e William Stanley
storia e cronistoria di una saga ormai nota:
D'altronde lo sappiamo. È storia ormai nota. Il lupo perde il pelo, mica il vizio. E gli Stanley non fanno eccezione.
Quando i due cari fratelli ben ricompensati ed onorati per aver messo sul trono i Tudor grazie al tradimento, vengono scoperti senza possibilità di dubbio a tradirli in favore del ritorno degli York
(William Stanley manda soldi e appoggio a Perkin Warbek/Riccardo mentre Thomas mantiene la sua facciata con i Tudor).
il colpo per Margaret Beaufort e figlio sarà troppo forte.
Dato che le prove sono solo contro William sarà lui a venire ucciso, senza una sola parola di discolpa da parte sua. Nel libro Elisabetta riflette su come persino gli Stanley abbiano riconosciuto la validità della causa yorkista rispetto ai Tudor.
Non so se tanta ingenuità di Elisabetta sia voluta, ma è ovvio che William Stanley sia morto senza dire una parola di scuse. Primo perché di fronte ad un tradimento così sfacciato c'era davvero poco da dire, secondo il doppiogioco è sempre stato il loro marchio di fabbrica e quindi era ovvio che i due fratelli ne conoscessero i rischi.
Thomas Stanley l'ex marito di Margaret Beaufort, in assenza di prove verrà escluso a vita da ogni incarico politico. Non sentiremo più parlare di loro.
Robert Clifford il pentito:
All'inizio fervido sostenitore della causa yorkista, passa su corruzione dalla parte di Enrico portando le prove e i nomi di tutti i cospiratori. Sarà graziato e ricompensato.
Il nord dell'Inghilterra
la terra dei Neville:
la terra dei Neville:
Il nord in realtà non è tanto a favore degli York ma semplicemente si schiera palesemente contro i Tudor. Il ricordo di Anna Neville, del conte di Warwick e di re Riccardo è troppo forte. Vogliono Teddy sul trono, dato che la gente non sa che il nipote del creatore di re non è in grado di regnare.
Arrivano persino a tollerare l'invasione degli scozzesi se questa avvenisse solo con lo scopo di detronizzare i Tudor.
I ribelli irlandesi
gli eterni bistrattati:
gli eterni bistrattati:
L'Irlanda è sempre stata uno dei paesi più bistrattati e ignorati dai regnanti inglesi, che considerano i suoi abitanti inferiori a loro in ogni senso. Pertanto è sempre stato un focolaio di rivolte. Non a caso il primo duca di York, il padre di re Edoardo IV iniziò la sua ribellione a re Enrico VI proprio in quelle terre.
Infatti sarà sempre lì che Riccardo/Perkin Warbeck inizierà la sua invasione per detronizzare i Tudor e sempre lì era scoppiata la prima rivolta per mettere sul trono Teddy.
I minatori della
Cornovaglia
i tassati fino alla morte:
Cornovaglia
i tassati fino alla morte:
Questa rivolta scoppia principalmente per le tasse mostruose imposte da Enrico ai minatori di stagno. Enrico infatti fagocita costantemente denaro per poter pagare le esose truppe mercenarie al fine di contenere le rivolte. Buffo che questo finisca per causare un'ennesima rivolta. Tuttavia la loro estrema povertà e disorganizzazione li porterà facilmente alla sconfitta.
Il re di Francia
l'alleato inesistente:
l'alleato inesistente:
Re Carlo VIII di Francia, nemico giurato degli inglesi oscilla tra il sostenere Warbeck e i Tudor. Quando finalmente Enrico assedia e conquista Boulogne (ufficialmente per sostenere la Bretagna il suo paese adottivo dall'invasione francese) decide di appoggiare i Tudor, siglando un trattato che prevede la consegna dei reciproci traditori dei loro regni. Ma ormai Warbeck è già fuggito.
Il re di Scozia
il nemico inconcludente:
il nemico inconcludente:
Un alleato difficile da mantenere per i Tudor. All'inizio Enrico propone ed ottiene un matrimonio tra la suocera Elisabetta Woodville e re Giacomo III. Quando questi viene detronizzato ed ucciso dal suo stesso figlio, Enrico tenterà di corrompere il nuovo sovrano, ma senza successo.
Infatti re Giacomo IV concede in sposa sua cugina Katherine Gordon al pretendente Warbeck/Riccardo. Invadono anche il nord dell'Inghilterra, in una campagna priva di risultati concreti.
Successivamente, ingolosito dalla proposta di matrimonio fra lui e la principessa Margherita Tudor figlia di Enrico ed Elisabetta, accetta di tradire Warbeck. Ma ormai è tardi, il pretendente e la moglie si son dileguati.
Il sacro romano
imperatore
il nemico inutile:
imperatore
il nemico inutile:
Qui gioca un ruolo fondamentale la zia dei pretendenti, ossia Margherita di York. Essendo l'adorata matrigna di Maria di Borgogna, la moglie del sacro imperatore Massimiliano d'Asburgo, sarà facile per lei fare in modo che questi stringa amicizia e dia supporto al nipote. Massimiliano per un po' di tempo accetta, ma l'impossibilità di esercitare un vero controllo sui propri territori lo rende di fatto un alleato inutile.
“Forse” i reali spagnoli
gli alleati pretendenti:
gli alleati pretendenti:
Non ci sono prove concrete del sostegno alla causa yorkista di Ferdinando d'Aragona ed Isabella di Castiglia.
Tuttavia la coppia recentemente impossessatasi del trono di Castiglia strappandolo alla legittima erede, Giovanna la Beltraneja, sa bene quando sia rischioso mantenere un trono.
Accettano di fornire il proprio appoggio e di consegnare Warbeck ai Tudor con tanto di promessa di matrimonio tra la loro figlia l'infanta Caterina ed il principe Arturo in cambio di una sola cosa:
ogni pretendente York deve morire.
Questo è il prezzo che Enrico dovrà pagare per mantenere la corona ed ottenere il loro aiuto.
Teddy e Warbeck sono praticamente già morti.
Lambert
Simnel
e
Perkin
Warbeck:
I due
simulatori
I nemici che abbiamo elencato nel capitolo precedente, non agirono da soli. O meglio, per rovesciare i Tudor ricorsero a dei re fantocci, a dei simulatori.
Enrico nel romanzo dovrà agire contro dei nobili yorkisti ben determinati a reimpossessarsi del trono sfruttando dei ragazzi per questo scopo. Sicuramente le due figure storicamente più controverse furono proprio Lambert Simnel e Perkin Warbeck.
Lambert Simnel
il simulatore numero uno:
il simulatore numero uno:
Il vero nome di questo ragazzo, anzi di questo bambino, è ignoto. Qualcuno sostiene si chiamasse John ed anche il cognome Simnel pare non fosse quello originale.
Tutto ciò che si sa di lui sono le umili origini e che divenne allievo del prete Roger Simon. Sarà lui a conferirgli un'ottima educazione.
Quando il curato notò una forte somiglianza tra il piccolo Simnel e i figli di re Edoardo IV, decise di far passare il ragazzino (nel romanzo non ha più di 10 anni) per uno dei principi della Torre.
Come già spiegato nella recensione “La regina della rosa bianca” i piccoli Edoardo e Riccardo di York dopo la scomparsa dalla Torre, non furono mai più visti, né vivi né morti. Pertanto erano in molti a credere o sperare che fossero ancora in vita.
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| Disegno postumo di Lambert Simnel sulle spalle dei ribelli |
Pertanto all'inizio il prete decide di farlo passare per Riccardo il principe più piccolo (anche se nel romanzo Elisabetta sa perfettamente che Simnel è un impostore perché suo fratello Riccardo avrebbe avuto 14 anni, non 10), poi quando inizia a spargersi la voce che il conte di Warwick (Teddy) era riuscito a fuggire dalla Torre, decide di farlo passare direttamente per lui.
Peccato che l'età di Simnel non coincideva nemmeno con quella di Teddy ma a quanto pare questi erano dettagli.
Dato che lo scontento popolare nei confronti dei Tudor ma soprattutto delle loro tasse era molto forte, fu facile radunare nobili yorkisti ( primo fra tutti, John De la Pole che sicuramente puntava a governare tramite il piccolo che sarebbe poi stato sostituito con il vero Teddy) ed organizzare una rivolta popolare. Si decise di partire dall'Irlanda, dove il bambino venne addirittura riconosciuto come re Edoardo VI.
A sostegno della rivolta, arrivarono ben presto anche il denaro e i mercenari ingaggiati da Margherita di York (la zia dei pretendenti), che evidentemente pensava davvero che il nipote fosse riuscito a fuggire dalla prigionia.
Enrico da parte sua riuscì facilmente a sconfiggere questo esercito nella battaglia di Stoke Field, complice il fatto che la maggior parte dei nobili locali non si unirono ai nemici durante l'avanzata dell'esercito.
Lo stesso Enrico nel romanzo permette a Teddy di uscire temporaneamente dalla Torre e lo fa sfilare con la moglie e le cognate per dimostrare chiaramente che Simnel è un impostore.
Dopo la cattura del piccolo simulatore, Enrico capisce subito che si tratta di un bambino plagiato e manipolato come un bambolotto da gente ben più pericolosa. Decide di risparmiarlo e lo mette a lavorare nelle sue cucine come addetto allo spiedo.
Farà carriera diventando addirittura falconiere.
Perkin Warbeck
il simulatore numero due:
il simulatore numero due:
Compare sulla scena quattro anni dopo la rivolta di Simnel. Questo secondo simulatore si rivelerà molto più pericoloso per il trono di Enrico VII.
Philippa Gregory che non dimentichiamolo mai, è più una romanziera che una storica, ha deciso di dare un seguito alle vicissitudini del piccolo principe Riccardo di York, assimilandolo al personaggio storico di Perkin Warbeck.
Infatti come già spiegato nella recensione del romanzo “La regina della rosa bianca” il vero principe di York è quasi indiscutibilmente certo che sia stato ucciso a 10 anni assieme al fratello Edoardo nella Torre di Londra.
La storia a quei tempi fece il giro del mondo proprio grazie ad Enrico VII che aveva tutto l'interesse a far entrare nell'immaginario collettivo l'idea di aver sostituito un re sicuramente consacrato, ma di fatto un infanticida.
La Gregory invece ha ‘romanzato' la storia ufficiale, decidendo d'impostare una trama dove la regina bianca mette in salvo l'unico figlio maschio ancora in sua custodia, affidandolo all'ebreo Edward Brampton, leale seguace di suo marito. Tutto questo prima di essere obbligata a consegnarlo al consiglio della corona inviato da Riccardo di Gloucester.
Questa versione dei fatti sinceramente l'ho sempre trovata molto debole per due motivi:
Primo. Nel romanzo il consiglio della corona si presenta improvvisamente dalla Woodville a chiedere la custodia immediata del principino. Lei colta alla sprovvista, s'inventa che il figlio è raffreddato e ritarda la consegna al giorno dopo. Nottetempo fa fuggire il bambino e lo sostituisce con un coetaneo di umili origini completamente coperto per giustificare l'infreddatura. La donna contava di guadagnare un po' di tempo, non s'aspettava che nessuno l'avrebbe riconosciuto.
Ora, io non credo proprio che il consiglio della corona avrebbe atteso 24h di tempo, meno che mai per un'infreddatura (sempre se davvero le avessero creduto) che nell'arco di una giornata non poteva certo migliorare. Inoltre la storia ufficiale sostiene che la Woodville consegnò subito il figlio.
Secondo: Riccardo III sapendo che la cognata aveva in custodia i figli nell'abbazia di Westminster vuoi che non l'abbia fatta sorvegliare giorno e notte dalle sue guardie? Nel romanzo il piccolo Riccardo va via di notte in una barca sul fiume, ma davvero nessuno l'ha visto? Davvero c'erano delle uscite non sorvegliate? Guardiani tutti traditori? Altamente improbabile. Poteva almeno far risultare che una guardia era stata corrotta. Sarebbe stato più credibile.
Comunque la regina madre manda il figlio a vivere nelle Fiandre con una famiglia di pescatori di Tournai e segretamente la zia Margherita gli manda denaro per la sua istruzione.
Spiegatemi perche' farlo vivere con dei pescatori se poteva vivere al sicuro alla corte della zia. Riconosciuto per giunta.
Spiegatemi perche' farlo vivere con dei pescatori se poteva vivere al sicuro alla corte della zia. Riconosciuto per giunta.
Nel libro Perkin Warbeck è il falso nome che gli viene dato dalla nuova famiglia nell'attesa di poter tornare a casa e riprendersi il trono paterno.
Infatti la madre gli manda segretamente denaro e quattro anni dopo la rivolta di Simnel (che lei aveva finanziariamente appoggiato per facilitare le cose al figlio nascosto), il ragazzo ha ormai 18 anni e decide di uscire lentamente allo scoperto.
All'inizio fa quasi impazzire Enrico, perché si tratta di una presenza sfuggente: prima in Spagna al seguito di un mercante, poi in Francia senza che Enrico riesca a farselo consegnare.
Inizia a girare la voce sul suo essere il redivivo principe Riccardo, tanto è vero che nelle Fiandre si fa riconoscere da Margherita di York. Da diverse parti d'Inghilterra la gente parte per correre a vedere se questi potesse essere davvero il principe resuscitato.
Ora storicamente parlando, il sostegno economico della Woodville ed il riconoscimento della zia Margherita di York sono fatti accertati. Ma cosa portò queste due donne a sostenere quello che al 90% delle probabilità era un impostore?
Nel caso di Elisabetta Woodville ritengo fu il cuore di mamma. Mi spiego meglio. La Woodville perse i suoi figli a 13 e 10 anni. Non li rivide mai più né vivi, né morti. Nessuno dichiarò mai di averli uccisi. Io confido che da madre non fosse umanamente capace di rassegnarsi e che abbia sempre sperato in cuor suo che i figli si fossero salvati (gli scheletri dei bambini furono ritrovati secoli dopo durante il regno di Carlo II).
Suppongo che quando iniziò a circolare la voce di un ragazzo identico a suo marito (per giunta riconosciuto dalla cognata), che sosteneva di essere uno dei principi fuggiti dalla Torre, penso che lei abbia voluto crederci. Aveva bisogno di crederci. Anche a costo di andare contro sua figlia e suo genero.
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| Disegno di Perkin Warbeck (sinistra) ed interpretazione figurativa (destra) |
Elisabetta Woodville morirà di vecchiaia prima dello sbarco di Warbeck in Inghilterra. La sua morte fu vissuta con infinita gioia da Enrico, poiché temeva che la vecchia megera lo potesse riconoscere per spirito materno.
In effetti desiderosa com'era di rivedere i figli ancora vivi, è fortemente probabile che avrebbe anche potuto riconoscerlo.
Per quanto riguarda la zia Margherita di York, gli storici sono ancora in dubbio se lei avesse davvero compreso che il giovane fiammingo fosse un impostore oppure anche lei subì il fascino di questo ragazzo, tanto da farle credere che fosse il nipote redivivo.
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| Disegno di Perkin Warbeck |
Comunque voglio dire solo una cosa. Il principe Riccardo nacque quando Margherita di York viveva già nelle Fiandre e lei non lo aveva mai visto. Come poteva essere sicura che fosse davvero lui? Mistero.
Comunque la fortissima somiglianza tra Perkin Warbeck e re Edoardo IV è storicamente accertata nonché facilmente spiegabile con l'allegrissima vita sessuale di re Edoardo IV. Non è impossibile che si trattasse di uno dei suoi infiniti figli illegittimi e quindi, principe o no, era sempre un nipote di Margherita, comunque un figlio di suo fratello. Sempre meglio di un Tudor.
Ritengo che Warbeck scelse di spacciarsi per il principe Riccardo anziché Edoardo V per il semplice fatto che il principe di Galles era troppo conosciuto in quanto erede al trono. Specie ad ovest del Paese dove lui aveva vissuto per tanti anni. Inoltre erano presenti diversi ritratti dell'erede al trono dove è evidentissima la somiglianza con la madre, Elisabetta Woodville.
Pertanto in assenza di carte d'identità che potessero dimostrare al dettaglio l'età di Warbeck, meglio spacciarsi per il principe più piccolo, evidentemente più simile al padre, senza ritratti in giro e molto meno conosciuto.
Perkin Warbeck nel romanzo (sempre per dare seguito alla versione del libro precedente) dice di essere stato tratto in salvo, da un brav'uomo e che rivelerà come sia fuggito dalla Torre solo una volta insediato sul trono.
Nella storia vera invece, questi sostenne che la guardia carceraria della Torre ebbe pietà di lui e per la sua giovane età decidendo di farlo fuggire.
A questo punto la domanda sorge spontanea a noi posteri:
Perché qualcuno dovrebbe aver avuto compassione di un bambino di 10 anni e non di un ragazzino di 13? Che peccato aveva fatto Edoardo per essere lasciato lì da solo a morire come un cane?
Ipotizzando che Warbeck fosse stato davvero Riccardo, poiché sappiamo che gli scheletri ritrovati ai piedi della Torre bianca furono due, se ne deduce che Riccardo fu sostituito con un altro bambino. Quindi grazi un principe di 10 anni per far ammazzare un plebeo di pari età? Ma che ragionamento è?
A questo punto direi che è lapalissiano che fosse un impostore. Ma andiamo avanti.
Grazie al riconoscimento della zia riuscì ad avere l'appoggio del nuovo sacro romano imperatore ossia Massimiliano d'Asburgo. Il sostegno però durò poco, visto che lo stesso Massimiliano aveva problemi ad imporsi sui territori che governava. Il re di Francia Carlo VIII era troppo preso dai suoi interessi in Italia per dar peso alla questione inglese.
Pertanto con il denaro della zia ed il velato sostegno dei nobili traditori inglesi (tra cui William Stanley) riesce a sbarcare nel Kent ma le sue truppe arrivate prima di lui, furono subito sconfitte. Warbeck perciò si ritira in Irlanda, ma non riuscendo a rimediare il sostegno necessario, si reca in Scozia.
Arrivato lì ottiene una calorosa accoglienza da re Giacomo IV, da sempre desideroso di dare problemi agli inglesi.
Il monarca riconosce il presunto principe di York e gli concede in sposa sua cugina Katherine Gordon del clan degli Huntly.
Storicamente parlando, il fatto che il futuro re d'Inghilterra si fosse accontentato di un matrimonio con una semplice nobildonna scozzese, dimostra che solo Margherita di York credeva seriamente che quello fosse il nipote.
Nel romanzo la Gregory pone particolare enfasi sul profondo rapporto d'amore che lega Perkin/Riccardo a Katherine. Entrambi sono bellissimi ed innamoratissimi, e dopo non molto tempo avranno addirittura un figlio.
Sinceramente ho cercato informazioni su questo bambino, ma non salta fuori da nessuna parte. Posso solo presumere che sia morto durante l'infanzia, se esistito realmente.
Giacomo IV e Perkin invaderanno l'Inghilterra nel tentativo di sollevare una ribellione, ma non avranno il supporto sperato. Infine re Giacomo subito dopo passa dalla parte dei Tudor. A questo punto Perkin e consorte fuggiranno in Irlanda dove lui tenterà di far partire un'invasione da Waterford, ma verrà respinto dalle navi inglesi.
Infine guiderà l'ultima invasione sbarcando in Cornovaglia, approfittando dell'insurrezione dei minatori avvenuta qualche tempo prima. Troverà appoggio e sostegno venendo addirittura riconosciuto come re Riccardo IV. Riesce ad occupare ben poco, infatti quando giunge la notizia che ormai gli uomini di Enrico hanno raggiunto Glastonbury, il nostro re in erbaccia abbandona l'esercito e si nasconde nell'abbazia di Beaulieu chiedendo diritto di asilo.
Non sapeva poverello, che diversi anni prima Margaret Beaufort aveva chiesto ed ottenuto dal Papa in persona, che qualunque avversario del regime regnante inglese non poteva vedersi riconosciuto il diritto di asilo. Catturarlo fu facile come bere un bicchiere d'acqua. Un vero e proprio topo in trappola.
Diciamo che è coerente come abbia cercato protezione in un'abbazia, lo stesso luogo dove il principe Riccardo da bambino si era rifugiato vanamente con la madre e le sorelle.
Una volta catturato, nel romanzo ma anche nella storia vera, Enrico sotto tortura riesce a farsi rivelare il suo vero nome e cognome.
Nel libro Elisabetta riesce a vederlo e lo riconosce nel suo cuore, ma non potrà dire assolutamente nulla. La donna è consapevole che l'identità estratta sotto tortura, è solo quella fasulla inventata anni prima dalla madre.
Nella storia vera invece rivelò i nomi dei suoi veri congiunti e le origini di Tournai, spiegando che la conoscenza di quattro lingue l'aveva appresa viaggiando come mercante di sete, dove aveva anche rimediato i bei vestiti. I parenti fiamminghi dichiarati dal ragazzo furono tutti rinvenuti negli archivi di Tournai, ma nessuno si presentò in Inghilterra per riconoscerlo.
Enrico decide di essere clemente e di tenerlo a corte. Vuole che il giovane si tradisca e che tutti capiscano che quello non è assolutamente un principe. Vuole incastrarlo come ha fatto con Simnel. Viene anche mandata a prendere la consorte, ed Enrico molto colpito dalla bellezza della donna, la manda a vivere come dama di compagnia della moglie.
Ai due giovani però non verrà concesso di vivere come marito e moglie.
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| Interpretazione pittorica di Katherine Gordon supplice davanti ad Enrico ed Elisabetta |
Nel romanzo il piano di Enrico non va a buon fine. Il giovane Warbeck si muove con troppa disinvoltura, partecipa ai banchetti, si muove e si comporta da principe. Troppa gente lo apprezza, troppa gente comincia a credergli. Diventa troppo pericoloso.
Nel frattempo Enrico completamente invaghito della giovane Gordon cerca di corteggiarla. La poveretta lo asseconda solo per salvare suo marito, mentre riceve da lui pressioni per far annullare il matrimonio.
Addirittura verrà innescato un incendio per uccidere il giovane prigioniero, ma lui riesce a salvarsi solo perché era riuscito ad andare a dormire nella camera della moglie. Qui Elisabetta gli consiglia di fuggire, visto che lo credono morto, ma lui rifiuta perché non vuole abbandonare la moglie e il figlio.
Nella storia vera invece, era fuggito eccome, ma prontamente fermato.
Dopo la cattura finisce nella Torre, dove viene regolarmente torturato. Elisabetta vorrebbe salvarlo, specie quando si rende conto che il marito lascia che il fratello parli con Teddy e gli lasci le porte della prigione sempre aperte. Vuole spingerli a farli scappare, così da avere la scusante per poterli giustiziare.
Infatti il piano funziona. Teddy felice del fatto che qualcuno gli rivolga la parola, senza capire nulla di quello che fa, fugge con il cugino. Vengono subito arrestati.
Teddy essendo altolocato, viene decapitato.
Perkin essendo ufficialmente uno straniero, viene portato a Tyburn, dove è costretto a dichiarare pubblicamente per l'ennesima volta di non essere Riccardo di York e di aver mentito a tutti. Lo fa sperando in una grazia. Invece viene impiccato in modo lento e doloroso.
Sua moglie Katherine per salvarlo, aveva addirittura accettato di diventare l'amante di Enrico. Tuttavia una volta ottenuta la preda, il re non aveva sentito il bisogno di mantenere la sua promessa.
Nella storia vera non risulta da nessuna parte che Katherine Gordon divenne l'amante di Enrico né che cercò di fare chissà cosa per salvare il marito.
Anzi credo non abbia preso molto bene l'aver capito di esser stata sposata ad un impostore. Dopo la morte di Warbeck rimase a vivere a Londra, come dama della regina Elisabetta a cui era molto legata. Dopo Warbeck si sposò altre tre volte, ma non ebbe figli arrivati all'età adulta.
La morte di questi due personaggi, contribuirà a rafforzare il potere dei Tudor in Inghilterra e spegnere l'ultima spinta Plantageneta per recuperare il trono. La morte del povero Teddy poi, estinguerà definitivamente il ramo maschile della precedente famiglia reale.
Considerazioni
finali
Difficile. Molto difficile. Sinceramente non ho trovato questo libro memorabile. Purtroppo ai miei occhi ha un grande difetto: si dimentica facilmente.
In questo paragrafo cercherò brevemente di elencarne i motivi.
L' insostenibile pesantezza dei personaggi principali:
A differenza dei romanzi recensiti finora, questo libro ha il difetto di essere stato costruito solo, soltanto e solamente su due personaggi: Elisabetta di York ed Enrico VII.
Ora, il problema principale di quando si decide d'impostare una storia appoggiandola su pochi risicatissimi personaggi è che per fare in modo che la plot (l'intreccio) funzioni, bisogna far sì che questi protagonisti siano perfettamente caratterizzati, dalla psicologia complessa ma soprattutto con una storia molto avvincente alle spalle.
Qui purtroppo questo non succede. Elisabetta di York a causa della sua situazione personale è troppo passiva e ciò che le accade intorno non lo affronta nemmeno in prima persona. Gli eventi sono quasi tutti per sentito dire e sono filtrati dalla sua mente, neanche particolarmente complessa devo dire.
Enrico VII purtroppo è ancor peggio. È sempre uguale, dall'inizio alla fine, non cresce, non evolve. Qualunque cosa faccia è fin troppo prevedibile.
Di solito l'unico modo per salvare un romanzo che non ha un particolare intreccio narrativo è quello di circondare i protagonisti principali di ottimi personaggi secondari ben caratterizzati, molto sfaccettati, capaci di arricchire e colorare lo sfondo delle vicende.
Nei precedenti romanzi recensiti questo succedeva eccome. Qui gli unici personaggi secondari rappresentati molto bene sono Margaret Beaufort ed Elisabetta Woodville. Almeno finché la seconda non decede.
In questo caso si presenta il problema per chi come me ha già letto “La regina della rosa rossa” e “La regina della rosa bianca” e' che il fattore sorpresa ormai è bello che andato. Infatti il lettore sa esattamente con chi ha a che fare. Nulla di quello che fanno la Beaufort o la Woodville sorprende e sconvolge.
Infine la vicenda stessa tra l'altro vissuta dalla protagonista in modo completamente passivo, non esalta in alcun modo.
Il poco credibile rapporto tra Enrico ed Elisabetta
Il rapporto tra Enrico ed Elisabetta a mio avviso non è stato reso molto bene.
Non tanto per il fatto che Elisabetta non godesse di alcun potere politico che è storicamente corretto quanto il problema che non viene mai sottolineato come alla York del potere politico interessasse meno del niente. Per questo si lasciò facilmente soppiantare dalla suocera.
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| Vetrata del castello di Cardiff ritraente Enrico VII ed Elisabetta di York |
La storia d'amore tra i due regnanti è stata descritta a macchia di leopardo, a quarti d'ora e d'umore, con il lettore che ancora si chiede come abbia fatto Elisabetta ad innamorarsi di Enrico.
Senza contare l'infinita lagna di lei che pensa ancora a Riccardo (una relazione mai esistita per giunta) oltre al fatto che Enrico è stato rappresentato da autentico miserabile.
In realtà Enrico ed Elisabetta dopo le forti remore iniziali, s'innamorarono veramente. Complice fu il profondo trauma psicologico delle vicissitudini affrontate in giovane età che li portarono a legarsi visceralmente l'uno all'altra. Elisabetta volle sempre più estraniarsi dal potere e vivere soltanto da regina consorte.
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| Statue funebri di Enrico ed Elisabetta |
Inoltre è documentato come il rapporto tra Elisabetta e sua madre negli ultimi anni si fosse pesantemente deteriorato, diversamente dal libro. In realtà Elisabetta visitava molto poco la madre.
Ritengo lo fece perché ormai aveva scelto i Tudor e non una madre che tradiva lei e i suoi figli per un qualunque ragazzo che sosteneva di essere suo fratello.
Enrico nonostante fosse un noto avaro, non mancò mai di spendere in vestiti e giocattoli per la moglie e i figli.
L'amore di Elisabetta per lui era così forte da spingerla infine a correre il rischio (a 36 anni) di tentare di avere un altro figlio dopo la morte di Arturo pur di rasserenare il marito. Gesto d'amore che le costerà la vita e che lui rimpiangerà per sempre con dei funerali dai costi faraonici.
Lo stesso Enrico nel periodo in cui stava pensando di risposarsi, mentre la sua salute peggiorava vistosamente proprio dal giorno della morte della moglie, disse chiaramente di volere una donna identica ad Elisabetta. Non si risposerà mai più.
Perkin Warbeck un vero e proprio monumento all'inutilità
Nel romanzo Perkin Warbeck è il principe Riccardo di York giusto? È veramente il figlio di Edoardo IV e di Elisabetta Woodville? Ottimo.
Allora perché far resuscitare forzatamente questo principe per poi farmelo morire come l'ultimo dei disgraziati? Perché?
A parte il fatto che Perkin è completamente inutile ai fini di trama visto che paradossalmente rappresenterà una minaccia per Enrico solo quando è assente.
Una volta imprigionato un vero principe di York sarebbe riuscito ad ottenere l'aiuto necessario convincendo i sostenitori della sua identità. Questo ovviamente non avviene.
Invece questo presunto altolocato oscilla tra il finto coraggio e l'evidente vigliaccheria spacciandola per strategia. Manda avanti sempre gli altri. Non fa altro che scappare per tutto il romanzo e quando finalmente può mettersi in salvo resta per amore della moglie.
Cioè accetta di rimanere prigioniero alla corte di Enrico per amore della moglie, che per inciso non può fare proprio nulla per lui.
Poteva fuggire, radunare un esercito e tornare, cosa che il padre avrà fatto almeno un milione di volte, cosa che lui dovrebbe sapere dato che è il principe Riccardo.
Invece cade nel tranello del cognato quando questi invoglia palesemente lui e Teddy a fuggire dalla Torre. Inoltre rinnega il suo nome per ben due volte pur di avere salva la vita: sotto tortura e prima di morire.
A questo punto non valeva nemmeno la pena rivendicare il trono d'Inghilterra se doveva fare costantemente queste figure barbine.
Signori miei se questo era davvero il figlio di re Edoardo IV e di Elisabetta Woodville, mamma mia che imbarazzo.
Sinceramente? Avrei preferito mille volte la versione di lui ucciso assieme al fratello nella Torre piuttosto che questo personaggio scialbo e penoso che ci viene spacciato per un temibile avversario. Qui l'unica cosa che fa veramente paura è l'infinito denaro ed influenza politica di Margherita di York.
Pertanto alla luce di questo, nonostante io personalmente trovi che sia senza dubbio un libro ben scritto, gradevole da leggere ed anche interessante a suo modo, scompare completamente se confrontato con i quelli precedenti. Un libro che si fa facilmente leggere, ma purtroppo altrettanto facilmente non si fa rileggere.
Autore MLG







































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